Genova, 22/05/2017.
Giovedì 25 maggio, alle 17.30, al Teatro Altrove, due autori per l'infanzia, Chiara Carminati e Massimiliano Tappari, raccontano di Hans Christian Andersen e della sua Danimarca. Sbarcare a Odense, seguire le tracce di Hans Christian Andersen, calpestare le impronte dei suoi grandi piedi numero 45 sparse per la città, fino a entrare nella sua casa, nel giardino in cui giocava, nella sua scuola, nella piazza del mercato.
È quello che hanno fatto Chiara Carminati e Massimiliano Tappari andando alla ricerca di spunti e suggestioni per costruire storie e fiabe ispirandosi all’immaginario e al processo creativo di Andersen, che nell’autobiografia La fiaba della mia vita (Donzelli, 2014) scrive: «La maggior parte delle mie opere ha origine dall’ambiente che mi circonda; chiunque, considerando con occhio di poeta la vita e la natura circostanti, vedrà e percepirà queste rivelazioni di bellezza che potremmo chiamare poesia del caso».
Da questo loro splendido girovagare è nato il progetto site specific Andersen a spasso – Tutto quello che Andersen non ha visto (e non ha raccontato), promosso da Hans Christian Andersen Foundation, VisitDenmark, VisitOdense e curato dalla rivista Andersen con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio letterario del grande scrittore danese e far conoscere i luoghi in cui ha vissuto: foto e parole raccolte in un mazzo di carte per suggerire personaggi, atmosfere e oggetti fantastici da cui far nascere nuove storie.
Un'esperienza che i due autori presenteranno in una suggestiva conferenza spettacolo, in occasione del 36° Premio Andersen. Per farci raccontare qualcosa di più sul progetto e sul percorso che ha portato all'ideazione di questi mazzi di carte fiabeschi, gli abbiamo fatto qualche domanda.
Com'è stato sentirsi esploratori, scopritori di indizi fiabeschi in una città mai vista, culla di uno dei più noti narratori al mondo?
Tappari: «Mi è sempre piaciuta l'idea che la presenza di un artista o l'ambientazione di una storia possano contribuire a far conoscere un luogo, a preservarlo, in sintesi a lasciarlo così com'è. Penso alla Montagna Sainte-Victoire, che esiste più delle altre montagne perché è stata immortalata da Cézanne. Se la cerchi su Google trovi prima di tutto i quadri del pittore. L'immaginario si è imposto sulla realtà. Così succede nell'antico quartiere di Odense. Poiché rivive nell'immaginazione di così tante persone, quel luogo non si può più distruggere o alterare. Diventa proprietà intellettuale di tutti. Patrimonio all'unanimità».
Carminati: «Girando per le strade di Odense avevamo l’impressione che l’ombra delle fiabe fosse dappertutto. Non tanto quelle di Andersen, perché la città è molto discreta al riguardo: non c’è segno di sfruttamento intensivo dell’autore né dei suoi personaggi, benché entrambi siano doverosamente omaggiati. Si sentiva piuttosto un’aria fiabesca, come se tante altre fiabe fossero lì ad aspettare di essere raccontate».
Come vi siete divisi i compiti, come avete giocato a raccogliere il materiale con cui, poi, avete costruito le carte?
T: «Il nostro gioco è una specie di telefono senza fili. Il paesaggio mi sussurra una cosa e io la dico nell'orecchio a Chiara. I fraintendimenti che vengono fuori nel passaggio di comunicazione e nella traduzione da un linguaggio all'altro diventano il succo delle storie. Il telefono senza fili ha un nome diverso in ogni paese. In francese si chiama telefono arabo, in inglese telefono cinese, in tedesco posta silenziosa. Ma il nome più bello è quello danese: gioco del sussurro (hviskeleg)».
I luoghi, i paesaggi, gli oggetti in cui è immerso un autore spesso entrano nella sua opera. Che rapporto avete con il vostro ambiente quotidiano come entra o è entrato nei vostri lavori?
C: «Che sia un ambiente quotidiano oppure no, di certo quello che mi circonda, nel momento in cui scrivo, entra spesso prepotentemente a far parte della circolazione sanguigna della storia o della poesia. In particolare nelle poesie, la scintilla iniziale il più delle volte viene accesa da un dettaglio, una forma, una sfumatura. Nel lavoro su Andersen, i testi delle carte (che descrivono personaggi, oggetti e ambienti) sono dichiaratamente fantastici. Ma questo è reso possibile proprio perché si appoggiano su immagini fotografiche che catturano dettagli del reale. In questo senso, il lavoro di Massimiliano, che è sempre così attento a individuare il meraviglioso che abbiamo sotto gli occhi, si intreccia perfettamente al mio».
Andersen a Spasso è diventato anche un progetto di scrittura per le scuole italiane. Vi ha colpito qualcosa negli elaborati che sono arrivati? Ci sono stati temi ricorrenti o carte scelte più frequentemente?
C: «I bambini non avevano un compito facile, perché spesso hanno scritto una storia collettiva, che implica capacità di collaborazione e di ascolto, oltre che disponibilità a sacrificare le proprie idee in nome della coerenza dell’impasto finale. Considerate queste difficoltà, mi ha stupito che molti siano davvero anche riusciti a mantenere nella loro storia un sapore anderseniano. Era consigliato nelle premesse, ma non richiesto come clausola, proprio perché ci rendevamo conto che non sarebbe stato semplice. Credo che questo derivi anche dalla cura con cui gli insegnanti hanno seguito il progetto: prima di distribuire le carte per cominciare il gioco, molti hanno letto ai bambini le fiabe di Andersen, per entrare ancora di più nell’universo creativo dello scrittore. Tra le carte più quotate c’è stata la Luna di latte (non sarà un caso che la luna da sempre ha ispirato molti scrittori) e il Folletto Poeta. Che non mi sorprende affatto… perché è stata anche una delle mie foto preferite!»
Quest'anno il Premio Andersen premia alcuni libri importanti che prendono le mosse dalle fiabe classiche. Succede ne La zuppa dell'orco di Vincent Cuvellier, o ne La volpe e la stella di Coralie Bickford-Smith e, ancora, nei libri per i più piccoli di Attilio. Qual è secondo voi il rapporto del contemporaneo con la fiaba, quale necessità si cela tra le sue trame?
T: «Io leggo solo le trame dei tappeti e dei maglioni. Faccio fatica a interpretare i fenomeni letterari. Mi sembra solo che tutto si ripeta di continuo come le onde sulla spiaggia, lasciando impronte che l'onda successiva cancellerà. In tutto questo andirivieni mi pare che la fiaba non abbia mai smesso di stare sulla cresta dell'onda, e continui a nutrire lettori, scrittori, registi, pubblicitari».
Di Daniela Carucci