Figlidiunbruttodio a Genova: Paolo Mazzarelli e Lino Musella al Teatro Altrove

Altrove - Teatro della Maddalena Cerca sulla mappa

Genova, 07/06/2017.

Che cosa significa fare un teatro in cui tutto è il risultato di un impegno fifty-fifty tra due persone? Come nasce la collaborazione drammaturgica di due attori-autori già pluripremiati, che oggi spesso vengono chiamati anche in grossi casting insieme? Come nasce il felice connubio tra Paolo Mazzarelli e Lino Musella?

Incontratisi per caso ormai quasi vent'anni fa (era il 2000), entrambi allievi alla Scuola di Recitazione Paolo Grassi di Milano, nel 2009 tentano il loro primo lavoro a due: Due Cani. Nel 2010 doppiano con Figlidiunbruttodio, vincono il Premio In-box. Poi Crack machine (2011), Indagine su uno spettro al di sopra di ogni sospetto (2013), quindi un salto in avanti fuori dal duo, una scrittura per quattro interpreti, con La Società, tre atti di umana commedia (2013), la prima produzione Marche Teatro-Teatro Stabile Pubblico che si guadagna il Premio della critica 2014, e il Premio Le Maschere del teatro 2014 a Lino Musella come miglior attore emergente. Nel 2015 l'ambizione e il sostegno di Marcheteatro li spinge a un lavoro più ampio, l'ultimo in ordine di tempo: Strategie fatali, che vince il Premio Hystrio alla Drammaturgia 2016.

Venerdì 9 e sabato 10 giugno, ore 21, saranno per la prima volta a Genova, all'Altrove - Teatro della Maddalena, con Figlidiunbruttodio, per il penultimo appuntamento in cartellone per la stagione 2016-2017 di Narramondo Teatro. «Genova è una città con una tradizione teatrale importantissima, spero che verranno a vederci sia gli addetti ai lavori che il pubblico tutto. Spero ci sia curiosità per il nostro lavoro, che è teatro d'attore, e che ci dispiace e sorprende non abbia ancora smosso nessuno, insomma ci dispiaceva non esserci mai stati». 

Torniamo alla prima, ovvia domanda: come si fa a fare un teatro fifty-fifty da attori-autori? «Ci vuole un buon allenamento ad accettare e comprendere i propri limiti. L'equilibrio cambia ogni volta. Il primo (Due cani, ndr) era stato solo un tentativo. Poi ci siamo accorti che questo nostro non-metodo era un metodo. I primi lavori non erano vere e proprie scritture ma dei canovacci, questo scrivere non-scrivere andava a compensare le mancanze individuali, rendeva ognuno più bravo». E in che cosa ognuno di voi è più bravo? «Lino è più bravo a inventare intrecci, se c'è qualcosa in cui sono più bravo io lo devi chiedere a lui».

Da un connubio tra recitazione e scrittura, a una drammaturgia che chiede il coinvolgimento di altri interpreti con La società prima e Strategie fatali dopo. Quale evoluzione per Mazzarelli e Musella? Quali scogli, ovvero cosa ha significato scrivere qualcosa che altri erano chiamati a interpretare, magari non avendo la stessa loro aderenza al materiale? Magari accostandosi al testo con un'adiacenza che non era quella che avevano previsto: «Lo scoglio è stato grosso, direi al pari della soddisfazione successiva, però. Io e Lino avevamo fatto crescere la nostra collaborazione nel tempo, per cui eravamo capaci di sostenere la nostra scrittura semplicemente con la nostra alchimia. Con altri però ci siamo subito accorti che non funzionava. Quindi abbiamo dovuto scrivere riflettendo su per chi? e sul perché? scrivevamo. Alla fine siamo arrivati a trovare quell'adiacenza di cui parli con gli altri cinque attori (oltre a noi due) in Strategie fatali. Siamo passati per lunghe fasi di nebbia, per un percorso complesso e ardito, ma abbiamo cominciato a scrivere le parti per ognuno di loro in particolare: abbiamo dato i ruoli principali ad altri; prima è arrivato Mario Monti e poi Fabio Foschi. Ci siamo anche persi, ci sono stati momenti di panico, ma a un certo punto abbiamo capito che si poteva arrivare al traguardo e ci siamo arrivati».

Avete mai pensato di restare fuori dalla messa in scena, essere solo scrittori o registi? «Una volta sola nella vita ho provato a stare fuori scena e non è stata un'esperienza felice. Per noi è importante mettersi dentro, per provare a misurare i limiti e, al contempo, per difendere il nostro lavoro». Sembrerebbe che perdersi sia un fattore costruttivo per Paolo Mazzarelli e Lino Musella. In che senso per voi perdersi è un'idea fertile? «Essere due attori che non prendono Il Calapranzi (di H. Pinter, ndr) e lo mettono in scena, significa che c'è un principio di rischio in quello che tendiamo a fare. In particolare con Strategie fatali i rischi che ci siamo presenti sono tanti: sette attori, ventuno personaggi e un giocare con una rifrazione del senso credo siano scelte che parlino da sé».

Riportando in scena Figlidiunbruttodio, vi pare di riprendere un testo antico o ingenuo? Voglio dire, che effetto vi fa a posteriori? «Con sorpresa, visto che è nato nel 2009 ed è stato pensato in un momento in cui l'argomento della TV era centrale, perché eravamo nel clou dei reality, di quella TV più becera, in una disumanizzazione televisiva che aveva assurto i programmi a modello della civiltà, eppure rileggendolo e riportandolo in scena risulta ancora fruibile, fresco perché parla della comicità e della tragicità della vita umana. Le due diverse realtà in scena appartengono a due diversi ambienti, due ambienti di disperazione: uno più comico, l'altro più tragico. Da un lato ci sono due gemelli ed un conduttore televisivo, dall'altra due falliti che vivono ai margini. Si ride e si va nel marcio dell'esistenza, in un testo capace di alternare in maniera estrema comicità e dramma rispetto agli altri testi che miscelano di più le due componenti».

Tra le vostre esperienze degli esordi ci sono anche collaborazioni con compagnie che fanno un teatro più fisico penso alla Fura dels BausPippo Delbono e poi a Balletto Civile e Santasangre per Musella. Siete interessati ad andare oltre la parola? «Il teatro è fisico sempre, anche quando è teatro di parola, perché il teatro è sempre anche corpo. Una volta abbiamo ipotizzato di fare uno spettacolo senza parole, ma è solo un'idea. Lino in gioventù ha fatto un'esperienza con Eugenio Barba, quindi forse ha più esperienza lui nel teatro fisico tout court; per me si è trattato solo di fare esperienza e provarmi con diverse compagnie e gruppi interessanti».

Sembra che il contemporaneo che ci circonda, sia in senso astratto come cultura e stile di vita che in senso più letterale, penso a La società, sia il vostro ambito tematico di interesse. Dove guardate in questo momento per la prossima non-scrittura? «Ogni spettacolo è mosso da un imput diverso: con Figlidiunbruttodio c'era il disgusto etico verso il mondo della TV. La società è nata da storie più vicine a noi, da esperienze dirette in collettivi, in compagnie e teatri occupati, dal dolore e dalla difficoltà di condividere un sogno e vederlo infrangersi. La società parla del nostro mondo, del teatro. In un futuro stiamo pensando a una riscrittura shakespeariana, partendo dai testi che vanno dal Riccardo II al Riccardo III per una parabola sul potere e del disastro che il potere in maniera inevitabile produce. Non abbiamo un solo motore, per esempio Strategie fatali è nato dalla casuale lettura comune dell'omonimo saggio di Baudrillard: ci ha colpito, ma è l'unico influenzato da una lettura».

Che ruolo hanno avuto i premi nel vostro percorso? «Non ce l'aspettavamo, siamo stati spiazzati in senso positivo. Il primissimo Premio In-box (2010) è stato molto importante, perché ci ha permesso di girare e di farci conoscere. Il Premio Hystrio alla drammaturgia (2016) è stato un grande riconoscimento, visto che siamo attori ci ha fatto particolarmente piacere vederci riconosciuti anche come autori». Intanto questo straordinario duo ha già vinto un altro premio con Orphans da un'idea di Monica Nappo Kelly, anche lei premiata con il Premio Enriquez 2017.

Cosa serve per fare questo mestiere oggi in Italia? «Serve una forma di onestà, la determinazione a non rinunciare a essere se stessi, che è un'attività dinamica non statica, è un eterno tentativo di crescita, di rimanere curiosi, di provare a dirsi la verità, di non farla più semplice di com'è, di mettere il dito nella piaga, toccare un tasto dolente. Il teatro ha ragione di esistere solo se offre uno stimolo di carattere migliorativo di quello che ognuno di noi è e di quello che la società è, perché possa essere catartico».
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venerdì 9 e sabato 10 giugno, h 21
@ Altrove - Teatro della Maddalena

Figlidiunbruttodio

uno spettacolo di e con Paolo Mazzarelli e Lino Mussella*
Produzione Compagnia MusellaMazzarelli**

Spettacolo vincitore del Bando InBox 2010
* Premio Le maschere del Teatro Italiano 2014 miglior attore emergente
* Premio della critica come migliore attore 2015
** Premio della Critica 2015 per la drammaturgia
** Premio Hystrio 2016 per la drammaturgia

Due storie: la prima, centrale, ha per protagonisti due gemelli ed un conduttore televisivo, ed è ambientata nel mondo della TV. Un mondo in cui Denari e Speranze scorrono a fiumi, attraverso canali a volte putrescenti. Una Fogna regale, nella quale hanno diritto a nuotare, o ad annegare, solo pochi eletti. La seconda, a fare da contrappunto, è la storia di due falliti veri. Una coppia ispirata a quella di “Uomini e topi” di Steinbeck. Due poveri cristi senza futuro, che sopravvivono nella Spazzatura, nell’illusione, nel reciproco Amore. Cosa hanno in comune? Primo: fanno ridere, ma non lo sanno. Secondo: non hanno Speranze, ma sono convinti di averne. Terzo: sono figli diversi, e illegittimi, di una stessa Realtà, di un comune Tempo, di un brutto Dio.

Di Laura Santini

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