Genova, 08/01/2018.
Dopo 40 anni di attesa, parte il progetto di recupero del Silos Hennebique. È stata infatti siglata l’intesa per la valorizzazione della struttura a Ponte Parodi nel Porto di Genova, in disuso dal 1970. Si tratta del primo step di un percorso che durerà un anno di studi e di ricerca per stabilire, insieme a tutti gli Enti coinvolti, sia le condizioni di conservazione e di tutela del silos, sia la possibilità di intervento e di riutilizzo dei Silos Granari di Genova.
Dopo valutazioni e molti progetti abbandonati (si è parlato di Università, Mercato del pesce, fino polo museale dedicato al mare), l'Hennebique potrebbe tornare a vivere grazie all'avvio di un percorso che attiri investitori. Entro un anno, si potrà capire cosa si potrà e cosa non si potrà fare con questo enorme edificio, uno dei buchi neri di Genova.
Ben visibile dall'Arena del Mare, il suo nome Hennebique deriva da uno degli inventori del calcestruzzo armato che lo realizzò alla fine dell’800 (1901). Si tratta del primo esempio a Genova di costruzione integralmente realizzata in calcestruzzo armato, utilizzato per il deposito di granaglie provenienti dai traffici marittimi e dismesso negli anni ’70. A partire dal 1992, con l’Expo, sono iniziate le riflessioni sull’utilizzo di tutta l’area del Porto antico e molte idee si sono succedute per far rivivere Hennebique: tra le tante anche quella di diventare sede della Facoltà di Ingegneria di Genova, ma la complessità della struttura e gli elevati costi di trasformazione hanno portato l’Università ad abbandonare il progetto.
L’intesa è stata sottoscritta alla presenza dal Presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, dal Presidente dell’Autorità di Sistema del Mar Ligure Occidentale Paolo Emilio Signorini, dal Sindaco di Genova Marco Bucci, dal Soprintendente ai Beni Archeologici, Belle Arti e Paesaggio Vincenzo Tiné e dal direttore del Dipartimento di Architettura e Design dell’Università di Genova Enrico Dassori.
L’Accordo Quadro che Regione Liguria, Autorità di Sistema Portuale di Genova e Savona, Comune di Genova, Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio con la collaborazione del Dipartimento di Architettura e Design dell’Università di Genova ha proprio lo scopo di stabilire in via definitiva le regole per la tutela del bene e al tempo stesso tutti gli interventi, anche a carattere trasformativo, che possono essere realizzati sull’edificio così da eliminare qualsiasi incertezza al riguardo.
L’intesa stabilisce pertanto il percorso tecnico che, al massimo entro un anno dalla sottoscrizione, le Amministrazioni dovranno seguire per giungere a questo obiettivo, mediante attività di studio e ricerca finalizzate alla predisposizione della Scheda Tecnica prescritta dal Regolamento sugli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati. All’interno di questo percorso, il Dipartimento Architettura e Design dell’Università di Genova avrà il compito di curare la parte tecnico-scientifica e le relative attività saranno sottoposte all’esame di un apposito Comitato di Coordinamento Tecnico Scientifico comporto da rappresentanti tecnici delle Amministrazioni sottoscrittrici.
«Oggi abbiamo fatto una cosa che non si era mai fatta in questa regione e in questa città - ha spiegato il Presidente della Regione Giovanni Toti - Un accordo quadro tra tutte le amministrazioni competenti che sarà fondamentale non solo per l’estetica, ma per la funzionalità della città e ci siamo dati massimo un anno, ma io credo sarà molto meno, per stabilire quali sono i vincoli all’interno dei quali privato e pubblico dovranno agire per valorizzare quell’immobile, che è uno scandalo sia rimasto così per 30 anni. Quindi nel giro di qualche mese saranno resi noti i vincoli da rispettare per cui l’immobile sarà messo a gara a e disposizione per coloro che avranno un progetto di sviluppo legato all’occupazione di questa città per ristrutturarlo e per gestirlo».
Dalla sottoscrizione dell’accordo odierno sono previsti sei mesi e, entro la fine del 2018, si avranno gli esiti delle valutazioni che stabiliranno, in via definitiva, le possibilità di uso e trasformazione dell’edificio per il suo affidamento pubblico a soggetti interessati al suo riuso. La sottoscrizione di oggi rappresenta la prima volta in cui tutte le parti in causa concordano di collaborare per arrivare al riutilizzo dell’edificio liberty in cemento armato costruito del 1901 da Giovanni Antonio Porcheddu come deposito di granaglie e collocato sulla calata Santa Limbania del porto antico di Genova.
Il Comune di Genova e l’Autorità Portuale di Genova che ne è proprietaria, a partire dal 2007 hanno tentato di rendere disponibile l’edificio per utilizzi prevalentemente pubblici con la possibilità di insediare anche attività turistiche e commerciali, ma i bandi per le manifestazioni di interesse sono andati deserti.
La criticità principale è stata individuata nell’incertezza sulle possibilità di intervento, tenuto conto che sull’edificio grava un vincolo monumentale che, in assenza di preventive valutazioni sugli elementi di valore storico e monumentale da cui possano scaturire concrete possibilità di intervento, espone i potenziali operatori interessati al riutilizzo dell’edifico e rischi di investimento elevati in rapporto agli alti costi di intervento.
Di A.S.