Genova, 02/02/2018.
«Dopo due anni di percorso ci siamo - ha esordito Gian Enzo Duci, presidente del Teatro Stabile di Genova - l'atto di fusione tra Archivolto e Stabile è stato siglato ufficialmente il 27 dicembre 2017, ma è stato proprio ieri, mercoledì 31 gennaio 2018, che è avvenuto l'atto più significativo, ovvero è stata presentata la domanda congiunta al ministero (Mibact) del nuovo Teatro di Genova come Teatro Nazionale per il prossimo triennio 2018-2020».
La fusione prosegue Duci è il «risultato di un'analisi precisa delle due realtà realizzata grazie all'operato di professionisti della nostra città che hanno fatto un lavoro capillare perché il nuovo ente si potesse costituire e perché nessun posto di lavoro fosse messo in discussione».
Il primo addio però è contestuale all'atto di fusione e proviene proprio da una delle due anime del Teatro dell'Archivolto: Pina Rando. «Lascio il teatro, lascio la direzione. Dopo 30 anni di lavoro in città, lascio a chi ha legittimamente vinto un bando la guida del nuovo ente. Ci tengo a sottolineare però che a unirsi sono due teatri nazionali. Lo dico perché lo Stabile è stato riconosciuto come tale da quando Ivo Chiesa l'ha fondato e così è stato per l'Archivolto, entrato fin dal primo anno sulla scena teatrale nazionale, portando le sue produzioni nei più grossi teatri italiani dal Piccolo di Milano al Biondo di Palermo».
In una lunga serie di ringraziamenti puntuali a partire da
quelli rivolti a Giorgio Gallione «la
nostra grande forza sono state le competenze diverse e
complementari», attraverso un grazie allo staff tutto, al pubblico
e via via nominando quegli sponsor storici che hanno con costanza
sostenuto il teatro di Sampierdarena, tra cui «la compagnia di San
Paolo con noi da sempre; Beppe Costa che con le sue imprese ci ha
seguito; la Erg e papà Garrone in particolare e poi Coop Liguria»,
Pina Rando solida seppur commossa ha chiuso il suo discorso
incalzato da un lungo e crescente applauso.
Il testimone passa dunque a Angelo Pastore: «Siamo il terzo teatro
italiano più sovvenzionato e ora abbiamo elaborato un progetto
triennale di cui siamo profondamente convinti. Speriamo che si
arrivi al riconoscimento. Noi siamo partiti da questa ricchezza:
una realtà che ha 70anni l'altra più di trenta. Cercheremo di
essere il teatro della comunità ligure, di essere un punto di
riferimento italiano e proseguire con le collaborazioni
internazionali. Tutto è nato sulla spinta di Carla
Sibilla che ci ha chiesto uno studio di fattibilità, ma è
stata Ilaria Cavo, con le sue maniere brusche, a consentirci di
essere dal notaio il 27 dicembre».
Determinata a chiudere la partita in tempo per presentare domanda
al ministero come unico ente, Ilaria Cavo conferma
di aver scelto di «curare i rapporti dietro le quinte. Credo che
l'azione di stimolo sia stata fondamentale. All'inizio
c'era un'idea embrionale affatto strutturata e avevo detto
che avrei condiviso l'operazione solo se non si fosse creato un
appesantimento per lo Stabile, in qualità di rappresentante di un
ente pubblico socio fondatore. Ho sempre puntato al valore aggiunto
per lo Stabile. E ci tengo a ringraziare Marco Salotti che siede in
consiglio di amministrazione per la Regione e ad Alberto Pozzo, che
mi ha dato il quadro tecnico-amministrativo per indirizzare il
progetto. Oggi posso dire che lo Stabile non è appesantito ma
valorizzato da persone che se la fusione non si fosse fatta avremmo
perso, stesso discorso vale per le forze artistiche che creano
nuove opportunità ed evitano perdite. Lo Stabile aveva
bisogno di ali e il valore di avviamento dell'Archivolto le
fornisce. Ci guadagna la città e ci guadagna un quartiere,
non c'è nessun muro tra qui e Sampierdarena. Avevamo delle
scadenze, ma immaginate cosa sarebbe stato se non ci si fosse
arrivati. Dovevamo arrivare a presentare la domanda per il FUS
2018-2020. Io sono positiva, era giusto provarci, non avrebbe avuto
lo stesso significato questa fusione, dovevamo correre per fare
questa domanda in tempo utile. Non è un traguardo definitivo ma è
di sicuro un passo decisamente significativo».
Impossibilitata a prendere parte alla presentazione per un problema di salute, Elisa Serafini è assente giustificata a cui Duci dedica un commento positivo: «È arrivata a processo in corso e non ha fatto perdere neanche un secondo all'operazione. Ha avuto la capacità di non voler fermare tutto per capire subito i vari aspetti ma si è fidata, facendosi al contempo una sua idea. In continuità con Carla Sibilla, tutti i soggetti che si sono succeduti hanno creato continuità e favorito il percorso al di là di colori politici. Quest'anno con la stagione Insieme abbiamo sfondato la soglia dei 10mila abbonati, pochissime le realtà in Italia che possono vantare questo numero».
Il nuovo ente Teatro di Genova ha quindi un presidente (Gian Enzo Duci), un direttore (Angelo Pastore), quattro sale (Corte, Duse, Teatro Gustavo Modena e Sala Mercato) e due consulenti artistici e registi residenti: Giorgio Gallione e Marco Sciaccaluga. Viene quindi spontaneo chiedere: come sarà articolata la linea produttiva del nuovo ente in futuro? «Proprio perché diventiamo grandi, proprio perché ci deve essere polifonia - afferma Pastore - non c'è una linea precisa. C'è un'origine, una cantera, c'è un progetto triennale aperto ma fatto da persone formatesi qui allo Stabile con alcuni interventi dall'esterno. Per fare solo un esempio: nel nuovo cartellone ci saranno tre nuove co-produzioni con lo Stabile di Torino, due per la regia di Valerio Binasco e una di Elena Gigliotti, figure esterne ma nate qui da noi. Poi ci saranno coproduzioni internazionali, ma di questo riparleremo a giugno».
Più simbolico-malinconici gli interventi di Gallione e Sciaccaluga. Il primo, Gallione, perché rivolto al passato, l'altro Sciaccaluga perché proiettato su un futuro chiaramente destinato a forze che verranno. «Una creatura si trasforma - commenta Gallione - e lascia tante tracce emotive e artistiche. La mia sorella di teatro per prima cosa: senza di lei tutto quello che è l'Archivolto non ci sarebbe stato. Standing ovation a Pina (Rando, ndr) anche per aver scelto di traghettare la nostra realtà in questa nuova scommessa, interessante e vitale». D'altra parte gli fa eco Sciaccaluga che parla di una «casa teatrale più compatta e più ricca, nello spirito ed economicamente» e di un percorso da piccolo a grande che è «un'occasione per dare spazio alla voce di tanti artisti, di confrontarsi nella diversità, inclusi i conflitti che sono il sale e lo zucchero della civiltà democratica».
Il cartellone 2018-2019 del nuovo ente a giugno quando si conoscerà anche l'esito della domanda presentata al Mibact per il FUS 2018-2020 e il riconoscimento a Teatro Nazionale.
Di Laura Santini