Genova, 11/02/2018.
Dopo l'inaugurazione di Palazzo Senarega, come sede congiunta del Conservatorio di Musica N. Paganini e dell'Accademia Ligustica, in attesa di vedere la nascita del Politecnico delle arti, una ex-studentessa dell'Accademia Ligustica e del Conservatorio, Federica Loredan, oggi coreografa e danzatrice professionista, propone il primo corso-ponte tra i due istituti: Costumi sonori e paesaggi ritmici.
«È un corso libero trasversale offerto a tutti gli studenti delle due istituzioni e aperto anche agli esterni. Rientra nell'offerta formativa dell'Accademica Ligustica di Belle Arti e del Conservatorio di Musica N. Paganini ed è una prima proposta per creare una reale opportunità di collaborazione tra gli studenti dei due istituti in un processo formativo. Fino ad ora sono stati organizzati eventi performativi, come mostre e concerti congiunti, ma non si era ancora mai creata un'occasione combinata in un'ottica didattica».
Esiste una call aperta a musicisti e artisti per presentare corsi-ponte? «Tutti gli anni a giugno, vengono raccolte proposte per corsi liberi, normalmente relative all'Accademia Ligustica. All'interno del Conservatorio personalmente mi sono rapportata prevalentemente con il docente di musica elettronica, il prof. Roberto Doati, (da poco trasferitosi a Piacenza). Per il momento però questo è il primo a far convergere le due istituzioni».
Federica Loredan insegna da anni, in accademie e compagnie, tenendo corsi, stage e seminari in Italia e all'estero, ma in quest'occasione prova l'entusiasmo di creare un precedente virtuoso che porti sempre più vicino alla definizione del Politecnico delle Arti, per cui i linguaggi intersecandosi aprano verso percorsi artistici più eclettici e contemporanei rispetto alla tradizione. «L'opportunità di offrire questo corso rappresenta per me una grande conquista. Come ex-studentessa del Conservatorio e dell'Accademia, mi sento di portare in questi istituiti la mia ricerca e, soprattutto, una poetica che integra i due linguaggi, la musica e l'arte ma anche la danza».
Il corso, che partirà il 5 marzo e si estenderà fino a fine maggio 2018, si articola su 10 incontri di 3 ore ciascuno. L'iscrizione è a pagamento, con agevolazioni per gli iscritti al Consevatorio e all'Accademia. La scadenza è fissata al 23 febbraio 2018 - per informazioni e iscrizioni occorre contattare l'Accademia Ligustica.
Anche se non sei nuova all'insegnamento questo corso è tutto da inventare, quali sono gli aspetti da testare in aula? «Per me la variabile più grande - continua Loredan - sarà capire come si articola il gruppo: chi partecipa e che competenze porta. Mi aspetto un gruppo variegato, che possa compensare al suo interno e attivarsi in un lavoro di gruppo e peer-to-peer. Interverrano due scenografe-costumiste, Valentina Albino e Alice Piscitelli, che mi hanno appoggiato in questa ricerca personale costruendomi diversi costumi sonori. È giusto che sullo studio dei materiali e la costruzione del costume, una parte più tecnica, siano loro le responsabili. Ci sarà anche un po' di storia, per guardare ad altri artisti che hanno creato dei precedenti interessanti. Poi la priorità è costituire gruppi di lavoro in vista di una performance finale».
Con Albino e Piscitelli quali sono state le sfide rispetto alla tua idea di costume sonoro? Ti è mai capitato di chiedere qualcosa che non fosse realizzabile o di sorprenderti di fronte a una loro realizzazione? «Nella mia esperienza sono sempre riuscite a rispondere alle mie richieste. Faccio un esempio tipico: di solito arrivo con una collezione di oggetti raccoli in viaggio e varie cianfrusaglie, che però in un costume sonoro devono avere dei timbri precisi, rispettare il senso simbolico degli oggetti. Alla fine la scelta dei materiali deve corrispondere a un immaginario estetico e simbolico così come a una dimensione sonora. Nessuno di questi elementi può passare in secondo piano. Per Albino e Piscitelli il lavoro si basa sull'estetica e l'agilità, su ciò che è montabile e smontabile; ma anche su ciò che può dare o deve avere, in determinati punti, precisi timbri. Quindi di solito funziona così: loro montano una bozza, io la provo, la suono poi gliela riporto in un dialogo intenso e attivo».
In questo dialogo, immagino, che per produrre un suono, per esempio metallico, non ci sia necessariamente bisogno di un oggetto metallico. Voglio dire, c'è anche una ricerca verso la distanza tra suono e oggetto? «Lavorando tanto sul suono per le mie produzioni, mi piace togliere visibilità alla fonte da cui il suono proviene. Da plastica e oggetti metallici sono riuscita a ricostruire suoni marini tra cui la chiglia di una barca tra le onde, oppure il grido dei gabbiani. Talvolta alcuni assemblaggi riescono a creare sonorità anche molto esotiche e del tutto inattese, la direzione è proprio questa».
Di Laura Santini