14 settembre, in Liguria si torna a scuola. In Svezia intanto si abbandona la tecnologia per libri, carta e penna. Ecco perché

Come spiegare dunque un simile riflusso tra gli infanti svedesi? Per il ministro dell'Istruzione Carlotta Edholm non v’è alcun dubbio: «servono più libri e meno computer». Apriti cielo. E benché il PIRLS venga effettuato sui bambini perlopiù tra i 9 e 10 anni, in Svezia i tablet erano previsti già dalla scuola dell’infanzia. Ma è tempo di cambiare o, meglio, tornare alle antiche abitudini. «Ci sono chiare prove scientifiche che gli strumenti digitali compromettono piuttosto che migliorare l'apprendimento degli studenti» ha tuonato la Edholm, citando gli esiti di uno studio condotto dal Karolinska Institutet, una delle università di medicina più prestigiose al mondo, che per intenderci è quella che ogni anno assegna il premio Nobel.

E se i bambini non trovassero affatto divertenti carta e penna? E se si annoiassero oltremodo? E se la colpa del peggioramento nella capacità di lettura non fosse da imputare alla tecnologia, ma a tutt'altro? Le argomentazioni dei detrattori sono arrivate, puntuali. E via con le polemiche. Ma la Svezia tira dritto, mostrando un rigore che a noi pare lontanissimo. Chissà, forse anche alle nostre latitudini qualcuno si era già accorto che fantasia, riflessione e concentrazione nei bambini piccolissimi mal si coniugano con touchscreen e ambienti virtuali; e magari che la centralità del docente e del rapporto con la classe a quell’età non dovrebbe essere troppo sbrigativamente sostituita da una macchina. Ma si sa, la tecnologia è irrefrenabile. E chi siamo noi per opporci al progresso?

Di Enrico Pietra

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