Genova, 19/01/2018.
Carlo Antonelli stava per l'appunto uscendo dal suo turno di volontariato alla biglietteria del Museo d'arte contemporanea di Villa Croce, quando l'ho raggiunto al telefono. Il museo questa mattina - venerdì 19 gennaio - era chiuso. Antonelli, curatore fresco di nomina per il biennio solare 2018-2019, ha deciso di aderire alla proposta di tenere l'istituzione aperta lanciata da Elisa Serafini, assessora al Marketing territoriale, Cultura e Politiche giovanili del Comune di Genova.
La chiusura? Una decisione presa già la mattina di giovedì 18 gennaio dalle imprenditrici di Open s.r.l., Paola Iconis, Elena Piazza e Alessia Moraglia che, nel settembre 2016, con il progetto Open your art sono risultate vincitrici di un bando per cui hanno in gestione: accoglienza, biglietteria, controllo sale, assistenza alla visita e, altri servizi, per esempio progetti didattici e di laboratori, promozione e comunicazione attraverso il sito web (non però sui social), ma anche tutta una serie di eventi a corollario della programmazione volti a stimolare l'attenzione e l'abitazione virtuosa dell'ambiente museale in toto - tra gli altri ricordiamo Teatro in breve a cura di Gruppo Limpido in collaborazione con Open your art. Le imprenditrici intendono con questo gesto portare all'attenzione dell'amministrazione i numeri esigui della bigliettazione e le conseguenti difficoltà che vivono come impresa privata.
Cosa sta succedendo? Sotto la direzione di Ilaria Bonacossa non sembrava proprio che il museo stesse vivendo un momento tanto negativo in termini di presenze, anzi il contrario. «Con la Bonacossa la gestione separata del servizio non c'era, era tutto personale comunale. Open s.r.l. è entrata alla fine dell'incarico di Bonacossa quindi è difficile capire ora cosa sia successo. Certo si tratta di un cambio bizzarro e inedito, oserei dire in Italia ma forse anche oltre, nel modo di gestire un museo. Quindi siamo di fronte a un triplo rodaggio».
Come ha deciso l'adesione al progetto di volontariato lanciato da Serfini? «Del tutto istintivamente anche perché non ho ricevuto alcuna comunicazione né ufficiale né a voce e ne sono tutt'ora in attesa».
A che cosa è dovuto tutto questo, chiamiamolo, empasse? Tempistiche accelerate? Scarsa comunicazione, sovrapposizione di competenze? Troppe novità affastellate? «Non saprei». Vi eravate già incontrati con le responsabili di Open your art? «Certo, ci sono state diverse riunioni e le ho incontrate varie volte. C'è da dire che sono ufficialmente in servizio dal 1 gennaio 2018 e che mi ero già messo al lavoro prima, portando artisti in Villa per valutare alcune proposte. Tant'è vero che già il 28 dicembre scorso ho presentato il programma ufficiale e la linea artistica del biennio. È indubbio che qui si tratti di una convivenza complicata tecnicamente perché, dal momento in cui la comunicazione e il marketing di un museo d'arte contemporanea sono affidati a esterni, la cosa può essere fantastica, però esiste anche un ramo dell'arte contemporanea, per fare un esempio, l'internet art per cui anche la gestione del sito può diventare territorio di programmazione per farci delle mostre, come per altro ha fatto Bonacossa. Per quanto riguarda la comunicazione poi anche questa deve essere in armonia con la linea artistica e quindi è un altro terreno in cui ci deve essere condivisione».
La chiusura denuncia l'impossibilità per un'impresa privata di sopravvivere con i soli proventi dei biglietti, cosa ne pensa? «Penso che neppure il Moma di New York ce la farebbe e che l'idea è di per sé un azzardo - un modello rischioso fin dall'inizio. Questo non toglie che, con grande caparbietà, anche certe sfide non si possano superare. Qui vedo una grande sperimentazione e da parte mia una corsa ad aprire una mostra il prossimo 20 febbraio con pochissime persone che lavorano al museo. Per il resto si stava procedendo con una serie di riunioni progressive che toccassero tutti gli argomenti e non avendo avuto alcuna comunicazione ufficiale, ripeto, non potevo prevedere nulla».
Il volontariato è stato programmato anche per le prossime giornate oppure è stato soltanto un'operazione estemporanea? «Il volontariato è un modello in sé che rientra anche nel progetto complessivo sulla Villa, sulla risistemazione del parco e un progetto sulla botanica, per cui i cittadini saranno chiamati ad essere partecipi sempre di più. A questo punto si tratta di tarare la sfida di un modello museale di questo tipo e anche di tarare le aspettative. Credo che occorra attrarre le persone verso questo luogo in prima battuta. Perché ho scoperto, solo tornando a Genova in pianta stabile, che Villa Croce è considerato come un posto remoto. Quindi prima di qualsiasi altra considerazione, prima ancora di fare riflessioni sul posto dell'arte contemporanea nell'immaginario dei cittadini e potenziali fruitori, qui occore rendere il luogo conosciuto perché altrimenti neppure il più grande nome d'artista riuscirà a far aumentare il numero di biglietti venduto. Per questo ho deciso nel mio programma che in ogni mostra ci sarà qualcosa che si ricollega a Genova, al suo territorio, alla sua storia, alla sua gente. Ai genovesi questo piace moltissimo e rende meno ostica l'idea stessa che si ha dell'arte contemporanea. Ci sono vari modi per immaginare delle strategie vedremo cosa verrà deciso, anch'io sono in attesa di istruzioni».
Intanto domani il museo sarà aperto di nuovo con Antonelli e Serafini volontari? «Oltre a noi ci sono state altre persone, persino una nostra stagista. I turni sono stati un po' lunghi però. Non un gran turn over». Più praticamente: «È arrivata una circolare da Serafini che annuncia l'apertura del museo domani e dopodomani con personale del Comune».
Per il resto pare sia in corso una riunione che coinvolge le varie parti protagoniste della vicenda e quindi se ne saprà di più nei prossimi giorni.
Aggiornamenti:
Leggi l'intervista alle imprenditrici di Open s.r.l. (sabato 20 gennaio 2018)