L'ottava sezione tratta del periodo Dopo Roma, Artemisia a Firenze. Due giorni dopo l’emissione della sentenza di condanna contro Agostino Tassi, il 29 settembre 1612, Artemisia sposa Pierantonio Stiattesi, fratello di Giovanbattista, il notaio che ha sostenuto la famiglia Gentileschi durante il processo e presentato ai giudici le prove della colpevolezza di Agostino (alcune lettere in cui il pittore confessa la violenza). Con l’aiuto di Pierantonio, che ha il compito di gestire irapporti con i clienti e firmare i contratti, Artemisia a Firenze lavorerà per il Granduca Cosimo II e per alcuni tra i più influenti personaggi della città, come Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del celebre maestro. In città la pittrice apre una piccola bottega e firma i suoi dipinti ‘Artemisia Lomi’,utilizzando il cognome dei parenti di suo padre Orazio. Gli archivi fiorentini conservano molte sue lettere ai committenti, scritte soprattutto per chiedere anticipi di denaro, prestiti e aiuti per risolvere unasituazione finanziaria spesso difficile. Nel tempo si viene a scoprire che questi problemi economici derivano dai debiti che suo marito Pierantonio contrae di continuo con numerosi fornitori di colori, ditele e materiali, a causa di una pessima gestione domestica. Malgrado tali questioni, Artemisia riesce ad affermarsi come una delle artiste più richieste della città, frequenta la corte dei Medici e nel 1616 è la prima donna ad essere ammessa alla prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno, che si rivelerà fondamentale per consolidare la sua fama di artista e per risolvere alcune delle cause che la famiglia Stiattesi dovrà affrontare, a causa delle denunce dei creditori. Dei quattro figli che Artemisia dà allaluce a Firenze - Giovan Battista (1613), Cristofano (1615), Prudenzia Palmira (1617) e Lisabella (1618)– soltanto Prudenzia sopravvive e parte con i genitori alla volta di Roma alla fine del 1620.
Artemisia lascia dietro di sé la reputazione di una grande artista, ma anche il rammarico di non aver consegnato un dipinto ordinato dal Granduca e senza aver saldato alcuni debiti contratti dal marito.
Le eroine di Artemisia. Dopo il celebre processo, per oltre quarant’anni Artemisia dipinge soprattutto figure femminili protagoniste di vicende storici e biblici senza sosta: Giuditta, Cleopatra, Minerva, Maddalena, Dalila, Susanna sono le sue eroine, forti, a volte violente, indipendenti, sicure di sé, sensuali. In realtà, molte si ispirano a sè stessa. Le sue caratteristiche fisiche compaiono in molte dei suoi personaggi, come tanti storici hanno voluto riconoscere nel tempo. Le cosiddette femmes fortes (donne forti) sono un soggetto molto amato in Europa all’inizio del Seicento. Forse perché sono ormai tanti i libri che affrontano la querelle des femmes.la disputa sul merito delle donne, o forse perché le artiste donne sono sempre più affermate, ma in ogni collezione è facile trovare dipinti che ritraggono un’eroina del passato. Le femmes fortes sono di solito donne di alto rango che compiono imprese memorabili, personaggi che contraddicono il pregiudizio nei confronti della debolezza femminile e dell’inferiorità della donna rispetto all’uomo. Attingendo a figure che appartengono a religioni ed epoche diverse, Artemisia – tra Firenze e Napoli – ritrae Cleopatra, la regina che compie il drammatico suicidio dopo la morte di Marco Antonio piuttosto che accettare di essere catturata dai Romani, e Maddalena, colta nel momento più intenso della sua conversione, pronta a strapparsi una collana e rifiutare gli strumenti della bellezza terrena. In questa galleria di eroine rientrano anche le iconografie che Artemisia attribuisce alla dea Minerva, elegante condottiera che brandisce lancia e scudo in unprezioso abito scollato, e un ritratto femminile dalla posa fiera e volitiva. Oltre al coraggio e alla tenacia, c’è un altro elemento che accomuna queste donne dipinte da Artemisia: sono quasi tutte il suo autoritratto.
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