Artemisia Gentileschi: a Genova la mostra di Palazzo Ducale che celebra coraggio e passione

La terza sezione ha come titolo Artemisia alla bottega del padre. «Mi ritrovo una figliuola femina con tre altri maschi, e questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata, che posso ardir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere, che forse principali Mastri di questa professione non arrivano al suo sapere». Con queste parole d’elogio il 3 luglio 1612 Orazio presenta sua figlia Artemisia alla Granduchessa di Toscana Cristina di Lorena. Non è difficile immaginare la ragazza, allora diciannovenne, seguire i suggerimenti del padre nelle case in cui la famiglia Gentileschi vive e lavora. Ne cambiano almeno quattro: da via del Babuino (1610) passano a via Margutta (1611), per poi stabilirsi pochi mesi a via della Croce (1611) – dove avverrà la violenza carnale – e finire a Borgo Santo Spirito (1612). In ogni indirizzo abitano un appartamento modesto, in cui Orazio riesce sempre a ricavarsi una stanza per dipingere: lì impartisce ad Artemisia i primi rudimenti del mestiere, dalla miscela dei pigmenti alla stesura del colore sulla tela, dalla gestione della luce all’invenzione di morbidi panneggi. Vivendo segregata in casa, Artemisia diventa anche la modella prediletta di Orazio. La vediamo bambina mentre suona la spinetta nelle vesti di Santa Cecilia, ormai ragazza avvolta da uno splendido mantello che ne fa una Sibilla: lei impara molto velocemente e coglie ogni sfumatura del mestiere del padre nelle sue Madonne. Il suo è un talento di famiglia. Padre e figlia sono qui raccontati attraverso confronti serrati tra tele con lo stesso soggetto, così da capire come la ragazza sia stata capace di sviluppare per talento e maestria un proprio linguaggio, chel’ha resa la pittrice più famosa del suo tempo, tanto da essere ammessa, prima donna in assoluto, all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze (1616). Un rapporto ossessivo, controverso, simbiotico e ambiguo ma comunque fonte di ispirazione reciproca,come dimostrano i numerosi capolavori che Orazio Gentileschi ha dipinto, usando Artemisia come modella: tra gli altri, in mostra saranno esposti la Madonna con bambino dormiente in un paesaggio dei Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso di Genova, dove vediamo un’Artemisia neonata, la Santa Cecilia suona la spinetta e un angelo della Galleria Nazionale dell’Umbria, dove Orazio ricorda il volto di Artemisia a circa dieci anni, e la Sibilla del Museum of Fine Arts di Houston, dove Artemisia è una ragazza ormai matura.

La quarta sala offrirà ai visitatori un’esperienza inedita: la ricostruzione virtuale e immersiva diun raro gioiello d’arte, mai aperto al pubblico. Un luogo segreto di Roma, una dimora ancora oggi privata: il Casino delle Muse di Palazzo Pallavicini Rospigliosi, voluto sul Quirinale dal Cardinal Scipione Borghese nel 1611. Affrescato a quattro mani da Orazio Gentileschi e Agostino Tassi, vede la presenza speciale e insospettabile di Artemisia. Il primo pittore, specializzato nelle figure, il secondo nelle quadrature, realizzano un vero capolavoro d’artebarocca. La scena rappresentata è un vivace concerto, la cui orchestra è composta da sole donne: un fatto assai raro all’epoca, quando la musica, come l’arte, è una questione soprattutto maschile.

Ancor più strana, la presenza di una giovinetta che nulla ha a che vedere con le suonatrici. Viso rotondo, capelli raccolti a mala pena, posa civettuola: in quel volto Orazio avrebbe ritratto la sua amata figlia Artemisia. Qui, la sua presenza potrebbe assumere un significato preciso perché pochi mesi prima di questo affresco, Agostino si è macchiato della terribile violenza su Artemisia. Oggi può sembrarci strano, ma mentre sta lavorando fianco afianco con lui al Casino, Orazio spera ancora che Tassi sposi la ragazza per riparare all’oltraggio. La sua immagine su questo soffitto potrebbe costituire un messaggio rivolto al giovane collega. Sappiamo bene come finirà la vicenda, ma il sospetto che su quel ponteggio si sia discusso della questione è forte e rende più affascinante questo capolavoro.

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