Artemisia Gentileschi: a Genova la mostra di Palazzo Ducale che celebra coraggio e passione

La sesta sezione è dedicata al Caravaggismo a Genova. La sezione, a cura di Anna Orlando,  è dedicata alla scena genovese dei primi del Seicento. Sono passati quattrocento anni da quando l’arrivo di Orazio Gentileschi a Genova provoca un cambiamento epocale nello stile degli artisti del territorio, che assorbono i contrasti di luce caravaggeschi e si dedicano al racconto di soggetti drammatici molto frequentati da Artemisia. Il caravaggismo a Genova è stato oggetto di indagini approfondite in anni recenti e questa sala presenta una piccola ma significativa antologia di artisti e opere, che può offrire un sintetico panoramasu questa straordinaria stagione pittorica. Essa copre diversi decenni del Seicento, dal 1610 al 1650 circa, e interessa due generazioni di artisti. All’inizio del diciassettesimo secolo Genova è un grande porto e una indiscussa capitale finanziaria: i genovesi, aristocratici di censo e non di origine feudale, viaggiano, commerciano e prestano denaro. Abili mercanti e banchieri, entrano in contatto con le grandi potenze e con le corti d’Europa e siarricchiscono enormemente. La Superba diventa così anche una capitale artistica, dove giovani entusiasti collezionisti creano una condizione fertile per la nascita di una grande scuola pittorica eattraggono artisti da ogni dove. Non solo dalle Fiandre – si pensi a Rubens nel primo decennio e a VanDyck nel secondo – ma anche da tutta Italia. Orazio Gentileschi vi soggiorna dal 1621 al 1625 e, sebbene Artemisia non vi sia affatto documentata, le sue opere sono presenti nelle raccolte più importanti. La loro interpretazione del caravaggismo, inbilico tra realismo e classicismo, fornisce agli artisti locali uno stimolo notevole. Oltre allo stile, l’impatto sulla scuola locale del caravaggismo si ha anche nella scelta dei soggetti: la selezione di opere genovesi in questa sala lo dimostra con il San Giovannino di Strozzi e le varie versioni, più o meno cruente, dell’iconografia di Giuditta e Oloferne.  L’unico genovese a conoscere Caravaggio in vita è stato, a quanto si sappia, Domenico Fiasella, che arriva a Roma intorno al 1606 dalla natia Sarzana, la cittadina posta tra Liguria e Toscana. Non è un caso se nella sua bottega genovese (aperta dopo il 1616) viene accolto il figlio di Orazio Gentileschi, Francesco. Il caravaggismo di Fiasella è il più autentico e ha inciso non poco sulla scuola locale. Il cognato Giovanni Battista Casoni ne emula lo stile e predilige i suggestivi effetti di una luce artificiale che sono al centro della ricerca dei caravaggeschi. All’inizio del 1610 Bernardo Strozzi è a Milano, dove vede la celebre Canestra di Caravaggio del Cardinale Federico Borromeo (ora al Museo Diocesano) poco dopo la sua realizzazione (1607). Presto il Cappuccino andrà anche a Roma e negli anni successivi dimostra di esseretutt’altro che impermeabile alla nuova arte realista del Merisi, aderendo alla sua nuova poeticadella luce. Nel terzo e quarto decennio del Seicento altri pittori genovesi si confrontano con la nuova parlata che prende avvio da Caravaggio. Tra loro vi è anche un vero maestro, Gioacchino Assereto, capace di declinare il naturalismo caravaggesco in maniera assai personale e anche graditissima allora come oggi. Orazio a Genova. Il fratello maggiore di Orazio, Aurelio Lomi, era stato a Genova dal 1597 al 1604 e avevalavorato, tra gli altri, per la famiglia Sauli. Il venticinquenne aristocratico Gio. Antonio Sauli,grande finanziere con interessi a Milano, Napoli e Roma, si trova nella Città Eterna nellaprimavera del 1621. Lì vede le opere del Gentileschi e ne rimane folgorato al punto da volerlo atutti costi a Genova. Poco dopo il pittore arriva in città ed esegue per lui alcuni tra i suoi massimi capolavori: tra gli altri, il Lot e le figlie e la Danae, oggi entrambi al Getty Museum di LosAngeles. Un nipote del Sauli, Antonio II Grimaldi Cebà, è il probabile committente della pala con l’Annunciazione oggi nella cappella di famiglia della chiesa di san Siro (1622 circa). Per Marcantonio Doria, il committente dell’ultimo quadro di Caravaggio (il Martirio di sant’Orsola del 1610), affresca nel 1624 il piccolo casino della sua villa di Sampierdarena (distrutto). Orazio può vantare dunque a Genova di clienti altolocati, ma ambisce a diventare pittore dicorte, con uno stipendio fisso: cerca di convincere Carlo Emanuele I di Savoia, inviandogli da Genova nel 1623 la versione dell’Annunciazione oggi alla Galleria Sabauda. Allo scoppio della guerra tra la Repubblica e i Savoia, nella primavera del 1625, o poco prima,Orazio lascia Genova. Vi resta il figlio Francesco, accolto nella bottega dell’amico pittore Domenico Fiasella. Nessun documento attesta invece la presenza di Artemisia, di cui però eragià giunta la fama, seguita dall’arrivo di alcuni suoi capolavori nelle quadrerie della Superba.

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