Frate Ezio: «all'Antica Farmacia Sant'Anna usiamo i social per far conoscere l'antica arte dell'erboristeria»

La salute, sia fisica sia mentale, al centro di tutto. Una visione che al giorno d'oggi ha una grande eco sul web , anche se trattata in maniera a volte un po' confusa, con richiami raffazzonati alle filosofie orientali oppure a ciò che qualche anno fa chiamavamo New Age, ma che in realtà, se discussa in maniera seria e professionale, è un fatto ormai scientificamente provato: spesso alcuni disagi fisici sono provocati da stati d'animo negativi. «Facciamo dell'accoglienza un altro punto focale della nostra attività. Le persone vengono qui perchè hanno bisogno di equilibrio tra mente, anima e corpo. C'è grande richiesta di spiritualità, di approfondimento, di domande, anche su Dio. Per questo nella farmacia, oltre a tutti i nostri preparati, abbiamo anche quelle che noi chiamiamo medicine per l'anima, ossia piccole preghiere e rosari».

Rimanendo in tema di medicina, Frate Ezio ci racconta la figura di colui che viene definito l'inventore di quella curativa, il dottor Luigi Leroy, medico chirurgo parigino che verso la metà dell'Ottocento arrivò a Genova per sperimentare i suoi metodi curativi proprio al Convento di Sant'Anna. Accanto alla porta di entrata alla farmacia spicca il busto in marmo del dottor Leroy, autore dell'opera in quattro volumi La medicina curativa. Frate Ezio ce ne mostra uno, dalle pagine ingiallite dal tempo: «Con medicina curativa si intendeva la purgazione. Forse oggi ci fa sorridere, ma dobbiamo pensare che nell'Ottocento purgare era un concetto molto simile all'odierno detox o meglio la detossificazione, la depurazione. Fu lui a dire che quando abbiamo una malattia, non dobbiamo curare il sintomo, ma la causa di esso. Ora ci sembra logico, ma ricordiamoci sempre che stiamo parlando di qualche secolo fa. In realtà molti di noi, anche oggi, se si alzano con il mal di testa, prendono un caché e pensano di aver risolto il problema, ma a lungo andare questo potrebbe addirittura peggiorare, per questo è necessario scoprirne l'origine. Nei volumi di Leroy ci sono procedimenti che noi utilizziamo ancora oggi per i nostri preparati».

Dopo aver fatto la conoscenza del dottor Leroy che, oltre ai volumi di Medicina curativa aveva anche scritto un libretto con rimedi dedicati alle classi popolari dell'epoca, sempre custodito qui al convento, passiamo a visitare la vera perla di questo complesso monastico, ossia il roseto: «Una volta gli erboristi qui coltivavano il cosiddetto orto dei semplici, formato da piccole aiuole dove crescevano le diverse varietà officinali. Oggi questo non succede più con la stessa modalità, per tre motivi principali. Il primo è lo spazio, che un tempo era più vasto, ma con meno erbe rispetto a quelle di cui avremmo bisogno oggi, vista la grande richesta. In secondo luogo entra in scena l'inquinamento, che non ci permette più di coltivare erbe come in passato, quando i livelli di sostanze nocive nell'aria erano molto più bassi. Infine, tengo a precisare che erbe o basilico sono autoctoni, è logico che crescano qui, mentre invece altre varietà come ginseng, arnica montana o aloe non possono attecchire, quindi evitiamo di forzare il naturale ciclo della crescita».

L'orto dei semplici esiste ancora ed è un orto didattico che, anche grazie all'aiuto di volontari, accoglie visitatori e scuole «per far sì che anche bambini e bambine sappiano riconoscere l'ortica, l'altea, il timo, la calendula e la lavanda», sottolinea Frate Ezio.

Ma cosa fa, in pratica, un erborista? «Partiamo dal principio. Le preparazioni sono a base delle erbe che ancora coltiviamo oppure che ci arrivano dalle aziende certificate. Prendiamo ad esempio la camomilla. Ci sono i semplici sacchetti per tisane oppure gli estratti idroalcolici con una maggiore concentrazione di principio attivo o ancora i prodotti cosmetici come le creme, a base di oleoliti a cui viene aggiunta la cera». Non è finita, perchè anche i prodotti alimentari qui sono di classe superiore, come il famosissimo sciroppo di rose e le marmellate al mandarino, allo zenzero, alle arance amare e alla rosa canina, senza dimenticare gli integratori alimentari.

Dal roseto, passiamo ora all'area riservata alla clausura, che ospita una quindicina di frati, dai 18 ai 67 anni: In realtà questa è una semiclausura, ciò significa che gli esterni possono entrare solo tramite permessi speciali, ma noi possiamo uscire, ovviamente sempre chiedendo il permesso al priore, per svolgere attività pastorali oppure didattiche, ma anche ricreative, come passeggiate.

La sveglia qui suona presto, alle sei del mattino e dopo le preghiere e la messa, ciascuno svolge le proprie attività: «C'è chi studia teologia, chi si dedica alle pulizie e chi, ovviamente, alla farmacia. Prima di pranzo c'è sempre un momento di preghiera e poi si passa alla ricreazione, dopo entrambi i pasti della giornata, in cui chiacchieriamo, raccontandoci la nostra giornata oppure giochiamo a carte. Dopodichè riprendiamo le nostre attività fino alle 18, ora della messa comunitaria. Si passa poi alla cena, ancora un momento di icontro e poi, prima di ritirarsi ancora preghiera. Infine, arriva il momento del riposo, ma prima, si può anche fare una telefonata, quando ormai siamo già nelle nostre stanze. L'importante è mantenere un volume basso!»

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