Genova, 27/05/2024.
Genova è una città fatta di luci e ombre, sotto vari punti di vista. C'è l'aspetto architettonico, tra l'oscurità di alcuni caruggi e le viste mozzafiato sul mare che si godono dalle alture e - ovviamente - quello più sociale che, come in tutti gli agglomerati urbani, vede convivere degrado ed esempi virtuosi. Proprio di uno di questi vogliamo parlare e lo facciamo in una piccola piazzetta nel cuore del centro storico, piazza san Donato, che si può considerare una vera fonte di luce, non solo perché qui i vicoli si aprono improvvisamente, ma proprio perché anche da qui passano tante iniziative che rappresentano un vero e proprio movimento di rinascita per la nostra città.
Qualche tempo fa avevamo incontrato Patrizia La Francesca, titolare della Vineria del Molo, che ci aveva raccontato il suo progetto e di come si fosse sviluppato sotto il cappello della cooperativa Il Ce.Sto, sentire la necessità di saperne di più è stato quindi il passo successivo, praticamente automatico. Così questa volta, sulle sedie di legno costruite dalla Falegnameria Sociale in stradone sant'Agostino, si è seduta Federica Scibetta per una chiacchierata resa ancora più suggestiva dal verde e dai colori dei fiori della vicina Fioristeria del Molo, che ha trasformato la piazza in un giardino urbano che è un piacere per gli occhi e per lo spirito.
Federica Scibetta è la vicepresidente del Ce.Sto, cooperativa che da cinquant'anni opera nell'area del Sestiere del Molo: «Non mi piace definirmi manager, ma visto che ora è un termine usatissimo, diciamo che sono una manager di comunità, un'educatrice di minori che ama stare a contatto con le persone e il tessuto sociale in cui si muove. La mia ottica è sempre stata basata sulla comunicazione col territorio che mi circonda».
Gli uffici della cooperativa Il Ce.Sto si trovano a pochi passi dai Giardini Luzzati, che sono il vero cuore pulsante non solo del Sestiere, ma di questo grande progetto che al centro mette i servizi alla persona: «Per me è nato tutto da qui, da quest'area che fino a quindici anni fa non aveva l'aspetto che tutti oggi conosciamo, ma era una zona dove la mancanza di riqualificazione architettonica si faceva ancora sentire. Era però uno spazio sicuro, delimitato, non carrabile e lo avevo scelto per portarci a giocare i bambini e le bambine della scuola Garaventa, che ora si trova nel grande edificio azzurro visibile anche da piazza delle Erbe, ma che un tempo si trovava vicino al Porto Antico. Quella zona non mi convinceva granché, era troppo dispersiva e spesso bazzicavano persone che mal si collocavano in un contesto dove i bimbi e le bimbe potevano giocare tranquilli».
Questo è stato quindi il primo step, a cui ne sono seguiti molti altri, dettati dalla comunanza di intenti e idee di Federica e del Ce.Sto, sicuri che la partecipazione delle persone che vivono in un territorio sia fondamentale, ma non in un'ottica di passività, della mera erogazione di un servizio, piuttosto in una contribuzione: «Sono concetti molto diversi», ci spiega Federica. «Se tu sei dentro a questo servizio e hai la possibilità di parteciparvi lo vivi meglio, perché lo conosci meglio; per questo reputo che l'informazione sia fondamentale. I Giardini Luzzati hanno voluto essere questo: la manifestazione della possibilità di poter creare un'intersezionalità di ambiti, di target, di quelle che un tempo si chiamano classi sociali - legate quindi alle possibilità economiche - basati sull'incontro e sulla conoscenza reciproci».
Senza perdersi in retoriche che esaltano un idillio poco veritiero, l'obiettivo è questo: la convivenza pacifica dentro ad un aspetto urbano, dove le vulnerabiità vengono minate il più possibile. Ma come si mette in pratica tutto cio? Vediamolo insieme: «La maggior parte delle attività che svolge la cooperativa sono servizi alla persona, nei centri per migranti, per coloro che si trovano senza una dimora, lavoriamo inoltre con i minori stranieri non accompagnati. Abbiamo cercato di rendere manifesti questi serivizi sociali, cercando anche di togliere quel velo di diffidenza che li circonda, a questo abbiamo unito un vero e proprio presidio del territorio, che ci aiutasse a studiare meglio i movimenti e la realtà del tessuto sociale che forma il Sestiere del Molo. Si tratta di un bar!»
Può sembrare strano, ma in realtà non lo è: il locale che si trova nella piazza dei Giardini Luzzati, è il punto in cui molti passano, aperto molte ore al giorno, dove però la consumazione non è il reale core business, ma solo uno dei tanti elementi che lo caratterizzano e che lo rendono un aggregatore di uno spazio che può essere vissuto in maniera molto più ampia, perché qui è possibile studiare, leggere, lavorare, incontrarsi , ballare, suonare e tanto altro. Il primo scambio, quindi, non è né monetario, né commerciale, ma il dialogo.
Un dialogo che non si è fermato dentro i confini dei Giardini Luzzati, ma che li ha oltrepassati, puntellando di attività la zona che li circonda e che hanno un grande comune denominatore: creare lavoro (perché la floridità economica non deve essere demonizzata!) e rendere vivo e sicuro il territorio. Stiamo parlando della Vineria del Molo, della Fioristeria del Molo, della Falegnameria Sociale, della galleria Art Room in piazza Ferretto, di Momart in vico San Bernardo, uno in cui arte e laboratori per bambini e famiglie si incontrano, dell'Emporio Solidale in via di Canneto il Lungo e di molte delle attività che si trovano in salita del Prione, fino ad arrivare nel Chiostro di sant'Andrea, che nell'estate 2024 ospiterà inizitive ed eventi tra gli archi di questa struttura risalente al Dodicesimo secolo, a pochi passi dalla Casa di Colombo e da Porta Soprana.
Pensare che tutto è nato da una spinta gentile sembra quasi strano, ma è proprio così, conclude Federica: «In passato nella zona dei Giardini Luzzati non passava praticamente nessuno e in questo tipo di aree è quindi molto più facile che si insinui la microcriminalità, che spesso - tra l'altro - è perpetrata da chi in realtà avrebbe bisogno proprio della presenza di servizi sociali attivi. Se però in questi luoghi si riempiono di attività, di persone, di scambi, di dialoghi, di bambini che giocano, ecco che il problema viene visto e di conseguenza affrontato».