Genova, 04/06/2024.
Si può lasciare Londra per lavorare a Genova Campi? Effettivamente può sembrare quanto meno una scelta bizzarra, ma quella che vi stiamo per raccontare è una storia di cambiamento, di rigenerazione urbana e di riavvicinamento alla natura in un'area, quella di Campi, appunto, che i genovesi associano solitamente ai grandi negozi in cui acquistare mobili o attrezzature per riparazioni.
A pochi passi dai magazzini Amazon e da Ikea c'è una collina ripida, dove si sviluppa l'Orto Collettivo e dove si muove con destrezza, su e giù per i terrazzamenti coltivati, Valentina Grasso Floris, un'architetta paesaggista che ha lasciato la capitale inglese per inseguire un sogno (o meglio, per continuare a inseguire un sogno, ma godendo di un clima un po' meno umido!): proteggere quelle campagne che un tempo erano popolate da contadine e contadini e che formavano un micro universo attivo e dinamico.
La incontriamo su questa collina che ha una pendenza che va dal 45 al 60%, non proprio un terreno adatto alle passeggiate, che dal 2015 ospita l'Orto Collettivo: «Il fondatore di questo progetto è stato Andrea Pescino, un eclettico ingegnere che purtoppo ci ha lasciati qualche anno fa e che io tutt'ora definisco un visionario, che voleva recuperare i terreni agricoli attorno alla città e farne qualcosa di buono».
Valentina ora ha raccolto l'eredità di Pescino e, insieme ad alcuni volontari, porta avanti questo sogno, che vede coinvolte persone che vogliono tornare ad avere un contatto con la natura, immigrati, richiedenti asilo ed ex detenuti che, attraverso il lavoro nelle campagne, si riavvicinano gradualmente alla società, in uno scambio reciproco di tempo e di risorse.
La scelta di Campi non è stata casuale: «Lui per primo era un cittadino e sapeva benissimo che spostarsi dal centro urbano per raggiungere le campagne dell'entroterra non era così semplice, per questo credeva che quest'area fosse perfetta, così vicina alla città. Inoltre qui il contrasto tra il verde della natura e il grigio del cemento è molto forte e - in qualche modo - ulteriormente significativo».
Dalla cima di questa collina si vedono effettivamente tutti i grandi capannoni commerciali che ospitano ad esempio Ikea, Decathlon e Amazon, oltre che il Ponte San Giorgio. Tutto sembra estremamente vicino ma, allo stesso tempo, anche lontano, cullati dal fruscio delle foglie mosse dal vento e dal rumore delle zappe che smuovono la terra, con vigore, ma anche con quella lentezza che sa di antico e che, in qualche modo, riporta alle origini.
«Questo luogo esiste solo ed esclusivamente grazie alla volontà proprio di Andrea Pescino», continua Valentina. «Ci sono stati tempi, quando lui era ancora con noi, in cui qui lavoravano dalle trenta alle sessanta persone al giorno, sembrava un giardino fiorito. Sono arrivata qui dall'Inghilterra nel 2015, dove avevo fondato una cooperativa che si occupava di agricoltura sociale e di recupero di aree verdi abbandondate, che trasformavamo poi in orti didattici. Qui ho trovato la naturale prosecuzione del mio progetto inglese, lontano da un clima che non posso certo definire adatto alla crescita di alcune specie, così ho deciso di tornare a casa!».
Gli anni sono passati, ma l'Orto Collettivo non ha certo perso il senso di iniziativa, sia qui a Campi, su questa collina dove un tempo di produceva la Bianchetta, sia in Valpolcevera e in Valbisagno. Sono infatti parecchi i progetti itineranti attualmente in essere o in progress: «La manutenzione del territorio è sempre il nostro obiettivo principale e ci avvaliamo dell'aiuto di persone che con noi fanno attività di restituzione sociale, grazie alle nostre convenzioni con il Comune e il Tribunale. Il loro è quindi un percorso di riabilitazione sociale, che ha grandi benefici sia per la comunità, sia per i singoli convolti. I terreni diventano così luoghi perfetti per iniziative rivolte alle famiglie e ai più piccoli».
Una giornata in campagna, tutti insieme, ha un valore terapeutico. Lo sa bene anche Riccardo Arata, fotografo e volontario dell'Orto Collettivo, che si occupa di coltivare le terrazze e di creare un ambiente confortevole per chi vuole riavvicinarsi alla natura. Cammina scalzo tra i terreni, con la stessa facilità con cui normalmente noi corriamo da una parte all'altra della città, indossando le nostre comode sneaker. Lo troviamo insieme a Fabio, un chimico di professione, che ha deciso di arricchire le sue giornate trascorse in laboratorio, coltivando la terra. «Qui accolgo le persone, i Messi alla prova, i bambini», ci racconta Riccardo. «Durante i laboratori dedicati ai più piccoli faccio camminare scalzi anche loro, lungo il percorso tattile sensoriale che preparo con materiali totalmente naturali. Inoltre mi occupo dell'inserimento delle varie colture e dei trapianti».
Le iniziative legate ad Orto Collettivo non si fermano e arrivano anche in Valbrevenna, nel paesino chiamato Porcile, dove una famiglia di volontari dell'Orto Collettivo ha rilevato un vecchio ristorante in disuso e lo sta trasformando in uno spazio di comunità: «Qui si potranno frequentare corsi di formazione per imparare a cardare la lana, si terranno corsi di Yoga e concerti. Non è finita qui, perchè anche nella zona di Bavari un bosco si sta trasformando in un vero e proprio progetto terapeutico, in cui collaboreranno osteopati, psicologi e altre figure professionali che vogliono portare il mondo della salute e della prevenzione in ambito naturale».
Lasciamo Valentina e Riccardo indaffarati su e giù per questa collina, che sembra quasi un mondo a sé, ma in realtà è più vicino di quanto si pensi, geograficamente parlando e - soprattutto - umanamente, con il suo carico di storia, lavoro e tradizioni.