Ha solo un anno, ma è un’iniziativa intellettualmente robusta e coraggiosa: Da vivi. Il miracolo della finitezza ideata e curata da Elisa Sirianni e Marco Biagini e la consulenza di Carlo Biagini, Marcella Gostinelli e Costanza Lanzara. Andata in scena come progetto collaterale alla stagione teatrale del Metastasio di Prato diretto da Massimiliano Civica, e già presentata in un TEDx da Sirianni a Napoli, l’iniziativa ora approda a Genova - come resoconto narrativo - grazie al Suq, martedì 18 giugno, ore 18, quando Sirianni e Biagini ne ripercorreranno le varie articolazioni, sfumature e prospettive future in dialogo con Simone Pacini (Fatti di teatro).
Sappiamo bene che non è affatto facile confrontarsi con i propri limiti, di certo è un’impresa ancor più ardua parlare di malattia, vecchiaia, terapie, cure e morte. Un tempo erano tabù, oggi sono momenti di crisi dentro la corsa competitiva che caratterizza le nostre giornate e accelera e affanna le nostre esistenze. Ci sono però un buon numero di segnali che in questi anni ci hanno fatto riconsiderare le ragioni per cui parlare di malattia, terapia e morte possano rappresentare percorsi di cura anche per chi non vive sulla propria pelle l’esperienza, ma magari lo fa nella relazione con una persona cara.
Ne vorrei ricordare in particolare due: il teatro-terapia di Anna Solaro che con il Laboratorio Stranità al Teatro dell’Ortica di Genova ha operato fin dagli anni ’90 al fianco di chi si confronta nel quotidiano con disturbi ed emarginazione, il suo laboratorio rivoluzionario Versi di cura, nato nel 2023 per sostenere pazienti oncologici (premo Associazione Nazionale dei Critici di Teatro) e la forza propulsiva e consolatoria con cui ha saputo condividere la sua vicenda personale dentro la malattia fino agli ultimi momenti, narrandola con impareggiabile umana vivacità, poeticità ma anche sincerità su Facebook prima e poi resa disponibile in un volume dal titolo Ho messo gli stivali gialli. Appunti da un viaggio che non volevamo fare (Il Canneto editore).
Mi torna in mente anche un altro percorso, nel 2017, al Teatro della Tosse, una rassegna di 5 spettacoli articolata proprio sul tema della morte dal titolo Passaggi - sguardi sulla morte, sostenuta dal dottor Michele Gallucci, direttore della scuola italiana di medicina e cure palliative e dirigente dell'Hospice Maria Chighine, dell'ospedale San Martino di Genova e dall'associazione Braccialetti Bianchi. In quella rassegna, oltre alla meraviglia proposta dalla compagnia berlinese Familie Flöz, con il loro Infinita, un inno ai momenti di passaggio, un’altra straordinaria produzione, sempre per interpreti e maschere, sempre senza parole, chiudeva la rassegna, Sulla morte senza esagerare, (ideazione e regia di Riccardo Pippa), della compagnia Teatro dei Gordi, che ha poi girato con buona fortuna. Il titolo riprendeva un verso di una poesia sulla morte, appunto, di Wislawa Szymborska.
L’idea è semplicemente complicata: affrontare anche questi momenti e aspetti della vita, considerarli esistenza ed esperienza e non negarli. Di certo non c’è una formula. Il crollo, la crisi, la vulnerabilità, ciò che di noi è fragile, la caduta, il senso di spaesamento, la perdita non solo di affetti e di persone ma anche di abilità sono vissuti dolenti che ci accomunano ma spesso portano ad isolarci o a venire isolati. Talvolta perdere una persona può essere lacerante, come un organo che ci venga strappato via. D’altra parte, un organo malato che ci viene tolto può essere un momento altrettanto lacerante, come un vissuto che ci viene sottratto contro la nostra volontà, un tessuto a lungo filato che trattiene in sé alcuni episodi salienti del nostro vivere e che improvvisamente non può più contribuire, anzi, mette a rischio l’intero organismo.
Elisa Sirianni, figura da anni attiva nell’ambito culturale genovese ma anche toscano, che ha nutrito questo progetto insieme a Biagini fin dalla primavera del 2023 e che sta continuando a lavorarci (è in preparazione un podcast), vede due piani principali di intervento in Da vivi. Il miracolo della finitezza: da un lato l’attenzione da portare sul tema, “per agire sul tabù della morte (malattia, vecchiaia, ecc.)”. Dall’altro il voler “mettere l'accento sul valore degli spazi di dibattito pubblico e del teatro inteso come agorà, come luogo non solo idealmente principe di questa funzione, ma di cui oggi, mi pare, si abbia più che mai bisogno”.
C’è dunque una doppia sfida perché se il tema è difficile, trovare spazi di dialogo, di condivisione, incontro e partecipazione può esserlo ancora di più. Nell’anno trascorso a Prato, proprio questo si è configurato: una vasta partecipazione della comunità, “hanno partecipato tantissimi cittadine e cittadini e chiedono di continuare”, racconta Sirianni e sono state proposte una varietà di azioni per attivare il tema, ma soprattutto per animare un confronto interattivo tramite conferenze, assemblee, incontri, pratiche teatrali e spettacoli realizzati anche grazie a una lunga lista di partner – tra cui: AFT Campi Bisenzio – Aggregazione Funzionale Territoriale, Associazione islamica Firenze e Toscana, Associazione La Stanza Accanto, Azienda USL Prato – Cure palliative Prato e Pistoia, Azienda USL Prato – Hospice Fiore di primavera, CNAI Toscana – Consociazione Nazionale delle Associazioni Infermiere/i, FILE – Fondazione Italiana di Leniterapia, Fondazione Sandro Pitigliani, Fondazione Theodora Onlus, Fraternita di Misericordia di Carmignano, LILT Prato – Lega Italiana Lotta ai Tumori, Mechrí – Laboratorio di filosofia e cultura, Ospedale Santo Stefano di Prato – Reparto di Oncologia, PIN Prato Università degli Studi di Firenze/Scuola di Architettura/Corso di laurea di Pianificazione della città, del territorio e del paesaggio/corso di Antropologia urbana e rurale, Pubblica Assistenza di Signa.
“Ci stanno chiedendo di esportare dei pezzi del progetto, vedremo cosa accadrà”; tra questi “pezzi” figurano appunto tanti percorsi diversi che hanno puntato ad alternare le voci di cittadine e cittadini a quelle di figure esperte, momenti di scambio e possibilità di approfondimento tra contenuti teorici e prassi teatrale, “per alimentare una polifonia” capace di intercettare le esigenze diverse a livello individuale di un’intera comunità e “offrire, con delicatezza, più punti di vista possibili sull’oggetto di questo occultamento emotivo e culturale”.
Ci auguriamo che questa virtuosa bolla possa trovare respiro per espandersi e che “il patto di ospitalità, che è la parte più politica”, trovi ascolto e possa migrare toccando altri territori.