L’idea è semplicemente complicata: affrontare anche questi momenti e aspetti della vita, considerarli esistenza ed esperienza e non negarli. Di certo non c’è una formula. Il crollo, la crisi, la vulnerabilità, ciò che di noi è fragile, la caduta, il senso di spaesamento, la perdita non solo di affetti e di persone ma anche di abilità sono vissuti dolenti che ci accomunano ma spesso portano ad isolarci o a venire isolati. Talvolta perdere una persona può essere lacerante, come un organo che ci venga strappato via. D’altra parte, un organo malato che ci viene tolto può essere un momento altrettanto lacerante, come un vissuto che ci viene sottratto contro la nostra volontà, un tessuto a lungo filato che trattiene in sé alcuni episodi salienti del nostro vivere e che improvvisamente non può più contribuire, anzi, mette a rischio l’intero organismo.
Elisa Sirianni, figura da anni attiva nell’ambito culturale genovese ma anche toscano, che ha nutrito questo progetto insieme a Biagini fin dalla primavera del 2023 e che sta continuando a lavorarci (è in preparazione un podcast), vede due piani principali di intervento in Da vivi. Il miracolo della finitezza: da un lato l’attenzione da portare sul tema, “per agire sul tabù della morte (malattia, vecchiaia, ecc.)”. Dall’altro il voler “mettere l'accento sul valore degli spazi di dibattito pubblico e del teatro inteso come agorà, come luogo non solo idealmente principe di questa funzione, ma di cui oggi, mi pare, si abbia più che mai bisogno”.
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