Ivo Saglietti. Un fotografo in cammino, la mostra a Palazzo Grillo

©Courtesy Archivio Saglietti
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DA Giovedì14Novembre2024
A Martedì31Dicembre2024

Apre a Genova giovedì 14 novembre 2024, alle ore 18, negli spazi espositivi di Palazzo Grillo - Primo Piano, la mostra fotografica Ivo Saglietti. Un fotografo in cammino, promossa dall’Associazione Archivio Saglietti APS e curata da Giovanni Battista Martini e Federico Montaldo, con il sostegno di Camera di Commercio di Genova e con il patrocinio del Comune di Genova.

La mostra - visitabile fino al 31 dicembre 2024 nei seguenti giorni e orari: giovedi e venerdi dalle 16 alle 20; sabato e domenica dalle 14 alle 20, con ingresso libero - presenta circa 40 fotografie ''vintage'' originali in bianco/nero e materiali di corredo, una prima grande retrospettiva per ricordare la figura e l'opera di questo grandissimo fotografo, schivo e silenzioso, nel primo anniversario della sua scomparsa proprio nella città dove aveva scelto di vivere e che oggi ospita il suo archivio. Costantemente sorretto da un forte senso etico, Ivo Saglietti ha da sempre orientato il suo sguardo e il suo obiettivo verso la parte più sofferente dell'umanità, percorrendo ed abitando le strade di Paesi in situazioni di crisi e di conflitto per raccontarne il dolore, ma anche la resistenza e la speranza.

Le sue opere sono state esposte in numerose mostre in sedi importanti in Italia e all’estero e i suoi reportages hanno conquistato il World Press Photo Award - uno dei premi internazionali più prestigiosi nel campo del fotogiornalismo - nel 1992 e due menzioni d’onore allo stesso concorso nel 1999 e nel 2011. La retrospettiva genovese si propone di indagare e valorizzare, ad un anno dalla scomparsa e in un momento tanto delicato per l’intero scenario internazionale, il prezioso contributo di Saglietti al fotogiornalismo , italiano e non solo ; un contributo mai distaccato né univocamente documentativo; un lavoro profondo, mai autocompiaciuto, sempre rispettoso quanto duro e diretto ; un lavoro drammaticamente attuale nelle domande che ancora pone e nei temi che ha affrontato in oltre quarant'anni di attività: la guerra e le sue conseguenze sulla popolazione civile, le migrazioni e le frontiere; le grandi questioni del cibo e dell’acqua, i nuovi sfruttamenti della manodopera.

La mostra ripercorre attraverso immagini d’epoca originali, le tappe di un lungo cammino per il mondo, cammino ad un tempo umano e professionale, che ha visto Saglietti lavorare in assoluta prevalenza all’estero: dalle tante guerriglie centro e sudamericane degli anni '80 al Medio Oriente - Cile, Nicaragua, Salvador, Panama, Haiti, Repubblica Dominicana, Palestina, Cisgiordania, Gaza, Libano Siria ; dall Africa - Uganda, Nigeria, Niger e Kenia - alla guerra nei Balcani -Kosovo,Serbia,Bosnia, Croazia, Macedonia-; senza dimenticare i diversi progetti tematici a lungo termine.

In esposizione anche alcune fotografie del ciclo DEIR MAR MUSA, un più ampio progetto dedicato all’esperienza comunitaria dell’antico monastero siro antiocheno Deir Mar Musael-Habasci (San Mosè l’Abissino), luogo di ospitalità e di scambio interreligioso cattolico e musulmano sulle montagne della Siria. Un esempio di dialogo possibile e necessario tra le religioni e gli uomini avviato dal fondatore della comunità, il gesuita Padre Paolo Dall’Oglio con cui Saglietti - ateo di forte spiritualità - aveva instaurato una profonda amicizia e comunionedi spirito. Padre Dall’Oglio fu sequestrato nel 2013: di lui non si è mai più avuta alcuna notizia. Un cammino di scatti rigorosamente in bianco e nero in cui ogni foto è una domanda, è una narrazione, costruita con il tempo necessario per poter raccontare una storia.

Una testimonianza per immagini del suo aver voluto essere testimone, delle tragedie del genere umano cosi come della sua cecità ed avida stupidità. Scatti lenti, frutto di un pensiero, risultato ultimo dell’immergersi con empatia e grande rispetto in ogni situazione, anche negli scenari piu’ duri e violenti; scatti sempre contraddistinti da quell'attimo di umanità che, per Saglietti ,doveva necessariamente accompagnare il destino dell'uomo, come ci ricordano le parole dello scrittore e amico Paolo Rumiz: ''Amico mio, dal nome un po' slavo, hai certo una malinconia slava nell’anima per aver guardato negli occhi la miseria del mondo (…). Alla fotografia hai sempre chiesto qualcosa che va molto oltre gli effetti speciali, qualcosa che si chiama destino''.

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