Da sabato 7 dicembre a domenica 9 febbraio, Palazzo Rocca (piazza Giacomo Matteotti, 2 - Chiavari) ospita Consonanze, mostra fotografica di Mario Cresci, curata dall’Archivio Mario Cresci di Bergamo e con il testo critico di Luca Fiore. Il percorso espositivo è composto da una selezione di opere realizzate in tempi diversi, su tematiche e molteplicità di soluzioni formali differenti: disegno, fotografia, video, installazione e site specific, in una continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo attraverso il mezzo fotografico.
Orario della mostra: dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 19, mentre sabato, domenica e festività dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. Ingresso libero.
«É un vero onore ospitare la mostra fotografica di Mario Cresci. Mario Cresci nasce a Chiavari nel 1942 e per questo siamo orgogliosi di avere una tale personalità tra le eccellenze del nostro territorio - dichiara l’assessore alla cultura, Silvia Stanig - Una carriera eccezionale costellata di mostre, premi, riconoscimenti e partecipazioni alle più grandi mostre culturali internazionali. Dopo il primo Reportage in Basilicata abbiamo conosciuto un Mario Cresci dinamico ed eclettico artista, fotografo, fotografo di scena, docente... Fin dagli anni '70 Cresci porta avanti la sua ricerca che va ben oltre la semplice fotografia e attraversa l'opera grafica, gli audiovisivi, le installazioni applicando la cosiddetta Cultura del progetto messa in relazione con i diversi linguaggi visivi senza aver mai paura di sperimentare. Un particolare ringraziamento va al Gruppo Fotografico Chiavari per l'eccellente organizzazione».
«Cresci ha deciso di entrare nelle sale di Palazzo Rocca provando a creare delle consonanze tra i dipinti della collezione della Pinacoteca e la propria produzione, soprattutto degli anni recenti. C’è la sala dei ritratti, quella dei dipinti a tema religioso, quella della pittura di genere. Il suo linguaggio non è mai solo referenziale, ma cerca di essere quanto più possibile critico e metalinguistico. La mostra privilegia opere dedicate agli oggetti e alle “immagini di immagini,” come celebri capolavori – la Monna Lisa (2012) di Leonardo e la Fornarina (2017) di Raffaello – rivisti da prospettive inusuali. Anche la Pietà Rondanini (2013-2016) di Michelangelo è fotografata con varie illuminazioni per esplorarne il suo rapporto con lo spazio e la luce. Sono presenti nuove “misurazioni” dedicate, anziché alla “cultura materiale” della sua Matera, agli oggetti dell’appartamento borghese appartenuto ad Annita, la madre della moglie dell’artista (La casa di Annita 2003). Abbiamo poi la “consonanza” con il mare (Elementa #01, 2015), che per Cresci è il luogo del trauma del naufragio di chi cerca una salvezza sulla costa opposta del Mediterraneo. Sono i suoi “segni migranti” (Segni migranti, 2013), che non sono solo la metafora del dramma sociale e culturale più acuto del nostro tempo, ma della vocazione nomade della propria arte, che si trova costantemente alla ricerca di una nuova dimora linguistica da abitare» spiega il critico Luca Fiore.
Mario Cresci nasce nel 1942 a Chiavari, e oggi vive e lavora a Bergamo. Nel 2004 realizza la sua prima antologica, Le case della fotografia. 1966-2003, alla GAM di Torino, mentre nel 2017 riassume i suoi cinquant’anni di attività artistica nella mostra La fotografia del No. 1964-2016 alla GAMeC di Bergamo. Dal 2010 al 2012 realizza il progetto Forse Fotografia: Attraverso l’arte; Attraverso la traccia; Attraverso l’umano con una mostra itinerante rispettivamente nelle città di Bologna (Pinacoteca Nazionale), Roma (Istituto Centrale per la Grafica), Matera (Museo Nazionale d'Arte Medievale e Moderna della Basilicata). Pubblica per i tipi Allemandi (2012) il catalogo delle tre mostre, un volume ricco anche di testi critici. Partecipa alla Biennale d'Arte di Venezia nel 1971, 1979 e nel 1993 in Muri di carta. Fotografia e paesaggio dopo le avanguardie, curata da Arturo Carlo Quintavalle. Dal 1974 alcune sue fotografie fanno parte della collezione del MoMA di New York. Molti lavori sono presenti in diverse collezioni d’arte e fotografia contemporanea di noti musei nazionali.
Dalla fine degli anni Settanta si dedica anche all’insegnamento, attività di esperienza creativa condivisa e intesa come parte integrante del suo lavoro d’autore, nella convinzione che l’opera d’arte può essere anche parte attiva di un processo di crescita sociale. Dal 1991 al 1999 dirige l'Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo. Insegna in diverse scuole, accademie e università come lo IED, l’Accademia di Brera, la NABA, il Politecnico di Milano, la Fondazione Modena Arti Visive e attualmente insegna all’Università ISIA di Urbino.
Ampia e articolata è la sua produzione di libri e più̀ in generale di contributi, anche teorici, sulla fotografia e la comunicazione visiva. Nel 2019 pubblica Segni migranti. Storia di grafica e fotografia (Postcart Edizioni), un compendio della sua ricerca grafica e fotografica, premiato come Livre Historique ai Les Rencontres de la Photographie 2020 di Arles. Nel 2022 per Mimesis Edizioni pubblica Matrici. L'incertezza del vero, dove sperimenta la coesistenza tra scrittura e immagine.
L’anno 2023 trova Mario Cresci impegnato nella rilettura del suo lavoro attraverso la mostra L’esorcismo del tempo, 1960-1980, al MAXXI di Roma. La mostra Colorland, 1975-1983, dello stesso anno, al Monastero di Astino per la Fondazione MIA di Bergamo, unitamente alla recente collettiva Viaggio in Italia - riedizione di quella storica di Bari del 1984 - all’Istituto Italiano della Cultura di Parigi, evidenziano il rinnovato interesse della critica per il progetto di Luigi Ghirri sul paesaggio italiano di quegli anni.