Genova, 16/12/2024.
Regalo di Natale tutto zeneize? Nelle liberie, e online, è disponibile L'Insultario genovese-italiano (edito da Programma). ''Insulti, parolacce, imprecazioni, modi di dire poco gentili e vilipendi vari''. È questo il contenuto, annunciato fin dalla copertina, della nuova opera di Alessandro Guasoni, autore genovese classe 1958. L'Insultario, in formato tascabile, fa parte di una collaba che vede già rappresentati il dialetto veneto, il toscano e il napoletano.
Oltre 800 vocaboli e frasi in genovese tradotti in italiano, al costo di 7,90 euro. Si va dai noti mossa (nell’ortografia tradizionale del genovese si scrive così, in ragione della loro etimologia), bagascio, sussabellin a termini 'più ricercati' come scciancabraghette (seduttore), bagnasuppe (attaccabottoni), becciancillo (cafone), perdisbroggio (incapace anche di pulirsi il naso), becciapoggiöli (ovvero chi corteggiava inutilmente una ragazza, con cenni d'intesa alla finestra del balcone, rimanendo in strada...), pigheuggio infainou (pidocchio infarinato, ovvero arricchito) e a molti altri. Il tutto, da prendere con una risata.
Si passa da termini semplicemente ''ambigui'' a parole vietate ai bambini, fino alle pesanti offese su base sessuale, etnica e religiosa. Un patrimonio idiomatico che racconta molto della cultura tradizionale del popolo che lo ha generato, con l'intenzione di sganciarsi dai ragionamenti odierni . spesso offensivi - legati a queste parole. L'Insultario genovese-italiano parte da una rigorosa impostazione lessicografica, che rende il volume simile a un vero dizionario piuttosto che a un libretto sconcio.
Il libro
I genovesi che frequentavano le elementari negli anni Sessanta ricordano che la parlata locale era considerata come fumo negli occhi da genitori ed educatori, che la temevano quale ostacolo all'apprendimento della lingua italiana, e anche, ma forse soprattutto, quale serbatoio di insulti, scatologie e allusioni sessuali. In realtà la lingua genovese può contare, fin dal Medioevo, su una tradizione lirica raffinatissima e di impegno politico e sociale; basti pensare a un Barnaba Cigala, a un Giangiacomo Cavalli, fino a Edoardo Firpo, o alle atmosfere poetiche e mediterranee di "Creuza de mâ" di De André, mentre nel parlare comune il turpiloquio è presente, certo, ma come in ogni altra lingua.
Oggi, una sessantina d'anni dopo, ci troviamo in una situazione curiosa: la lingua genovese è quasi scomparsa, ma le parolacce, soprattutto italiane, sono ampiamente sdoganate, con il classico "bellin" che torreggia su tutte le altre, assurto ormai ad emblema di genovesità. Questo insultario per i genovesi non completamente immemori della lingua degli avi, sarà quasi un album di famiglia, mentre per i foresti potrà rappresentare un viaggio, per così dire, "alternativo" alla scoperta di un paese e di un linguaggio esotici.