La Traviata di Verdi al Teatro Carlo Felice

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DA Domenica12Gennaio2025
A Domenica19Gennaio2025

Dal 12 al 19 gennaio 2025 va in scena La traviata di Giuseppe Verdi al Teatro Carlo Felice di Genova. La storia di un amore impossibile e tragico con cui Verdi sfida i limiti della moralità borghese e rivoluziona il melodramma ottocentesco. Con la direzione di Renato Palumbo, regia Giorgio Gallione, scene e costumi Guido Fiorato, coreografie DEOS, luci Luciano Novelli, Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova, Maestro del Coro Claudio Marino Moretti.

Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. A dar vita ai protagonisti: Carolina López Moreno, Elena Schirru (14,16,18) (Violetta Valery), Carlotta Vichi (Flora Bervoix), Chiara Polese (Annina), Francesco Meli, Klodjan Kaçani (14,16,18) (Alfredo Germont), Roberto Frontali, Leon Kim (14,16,18) (Giorgio Germont), Roberto Covatta (Gastone), Claudio Ottino (Barone Douphol), Andrea Porta (Marchese d’Obigny), Francesco Milanese (Dottor Grenvil), Loris Purpura (Domestico di Flora), Giuliano Petouchoff (Giuseppe), Filippo Balestra (Commissionario). Qui i biglietti online e gli orari dello spettacolo.

La traviata, composta all’inizio del 1853, fa parte insieme a Rigoletto (1851) e al Trovatore (1853) della “trilogia popolare” di Giuseppe Verdi. La trilogia viene così chiamata perché caratterizzata da tematiche più realiste e volte a trasmettere le meraviglie e le storture di personaggi e situazioni verosimili e attuali, una dimensione contenutistica nuova rispetto ai precedenti lavori verdiani e premessa importante per gli sviluppi dell’opera verso il naturalismo psicologico. Con queste tre opere Verdi inizia una nuova fase artistica, proponendo una concezione del melodramma dall’identità nuova e più propriamente ottocentesca sia sul piano drammaturgico sia su quello musicale.

Per La traviata Verdi, forte dei successi di Rigoletto e del Trovatore, fece una scelta controcorrente circa il soggetto, insieme a Francesco Maria Piave lavorò infatti a un fedele adattamento del dramma teatrale La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, tratto dall’omonimo romanzo del 1848 già best seller a livello europeo. Dumas si ispirò alla storia di Marie Duplessis, celebre cortigiana parigina di cui egli stesso era stato amante; la fanciulla di umili origini si era fatta strada nell’alta società grazie alla sua bellezza, al suo carisma e alla sua intelligenza, conquistando i cuori di artisti e letterati, ma morì tragicamente di tubercolosi nel 1847, a soli 23 anni. La scelta di Verdi fu rivoluzionaria in quanto il soggetto era ambientato nella contemporaneità borghese, della quale metteva in luce difetti morali e ipocrisia. Il pubblico - che per la maggior parte aveva anche letto Dumas – si sarebbe trovato di fronte per la prima volta ad una critica sfacciatamente onesta del proprio sistema morale. Dopo la prima rappresentazione, il 6 marzo 1853 al Teatro La Fenice di Venezia, l’opera venne criticata e iniziò a circolare in forme più o meno censurate che suscitarono lo sdegno di Verdi. Il fascino controverso dell’opera e l’efficacia della scrittura musicale colpirono però profondamente il pubblico, presto La traviata divenne una delle più celebri opere di Verdi e, ancora oggi, è uno dei titoli di teatro musicale più rappresentati e amati al mondo.

I temi principali della drammaturgia sono annunciati da quello che inizialmente sarebbe dovuto essere il titolo dell’opera: Amore e morte. La protagonista li incarna entrambi, è una donna intraprendente, una delle più ambite cortigiane dell’alta società parigina, e tragicamente giovane vede già avvicinarsi la morte. La sua psicologia è complessa e raccontata in tutte le sfaccettature, che comprendono la finta leggerezza della vita di agi che ha saputo costruirsi, la dolorosa consapevolezza della fragilità della sua posizione nel contesto borghese, il desiderio di un amore vero e di una vita tranquilla, la fede religiosa. Anche gli altri due personaggi principali sono caratterizzati da un dualismo fondamentale: Alfredo è un giovane capace grandi slanci passionali e ama sinceramente Violetta, ma è più fragile e più ingenuo di lei quando si tratta di comprendere le dinamiche complesse proprie della società in cui vivono, e ciò gli impedisce di capirla fino in fondo. Giorgio Germont rappresenta dapprima l’ipocrisia borghese, quando si finge gentile con Violetta ma rifiuta categoricamente che il nome di lei sia legato a quello del figlio, in seguito la possibile redenzione, nel momento in cui si trova davanti all’evidenza e alla tragicità dell’amore tra Violetta e Alfredo. Attorno a loro si muove una variegata compagine di nobili parigini e servitori, una presenza corale molto forte sempre affollata negli interni di case borghesi, ad amplificare il senso di un modo chiuso nei suoi aspetti più opprimenti.

Sul piano musicale, Verdi offre una gamma espressiva particolarmente ispirata. Il preludio dell’opera è bipartito e anticipa i temi poi ricorrenti nell’opera dell’amore e della morte, due temi antitetici accomunati solo dalla vibrante tensione degli archi. L’iniziale tema della morte annuncia la fondamentale tragicità dell’opera prima del passaggio al tema amoroso e in seguito al festoso attacco del primo atto. Nel preludio al terzo atto è protagonista il tema ampliato ed esteso della morte, ormai vicina – solo nella sezione centrale di questo secondo preludio, quella più luminosa che anticipa gli attimi di flebile speranza del terzo atto, viene ripresa la pulsazione ritmica del tema dell’amore, ma su una melodia diversa. L’introspezione dei personaggi è approfondita attraverso la musica, elemento centrale nel rivelare al pubblico ma anche ai personaggi stessi la verità dei sentimenti in gioco. Similmente, lo sviluppo psicologico dei protagonisti è evidenziato dalle diverse vocalità, Violetta passa dalla brillante coloratura del primo atto al tono più elegiaco del terzo, ad Alfredo è richiesta versatilità nel passaggio da un’espressione più squillante, ad un declamato ritmico e ancora a un tono nostalgico.

È per La traviata, a partire dalla scelta del soggetto e continuando con l’innovativa elaborazione teatrale e musicale, più che mai valida una considerazione del filosofo Francesco Orestano, che scrisse: «Ciò che anzitutto colpisce in Verdi è la sincerità dell’uomo e dell’artista. Tutto era schietto in lui. Schietta la sua vita, schietta la sua arte. Dolore e gioia, tormento ed estasi, serenità e disperazione, cordialità e collera, contentezza di sé e rimorso, tutto si sviluppava in lui, nella sua natura, in modo pieno e libero. Egli poteva ridere come un nume e piangere come un bambino».

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