Non esiste un posto al mondo, il viaggio di Maurizio Carucci: «Camminare è un viaggio a velocità propria»

«Camminare è un viaggio a velocità propria», continua Maurizio, «solo ai 5 Km all'ora, in un'epoca di velocità che devono essere performanti al massimo, utilizzare le gambe assume un valore quasi politico, sociale. Da sempre amo camminare, perchè mi aiuta ad avere una visione più ampia dello spazio che mi circonda, non solo in senso fisico, parlo anche quello interiore a me, a noi. Camminare non è solo un mero esercizio fisico. Nel nostro viaggio verso Milano sono venuto a contatto con lo stupore di essere stato testimone dello scorrere delle epoche, attraverso il lavoro di chi lavora nei campi, degli artigiani che ho incontrato. L'Appennino questo te lo fa percepire chiaramente. Dai tempi più remoti fino a quelli attuali, in cui siamo tutti follower di qualcuno o qualcosa, ho trovato il contadino, una delle attività forse più primordiali, ma anche il distributore di benzina abbandonato nel mezzo del nulla della pianura attorno a Voghera e poi ancora villette, Madonnine,  cubi di cemento...».

Sicuramente un ambiente strano, assurdo, un po' deprimente e non particolarmente colorato: «La pianura che collega la Liguria e Milano è una specie di non luogo, un posto che hanno reso un cesso senza ritrovi sociali, dove il sentimento di chiusura e diffidenza te li senti pesare sul cuore».

Maurizio Carucci, oltre che musicista e camminatore di lande, è anche appassionato di antropologia. L'antropologo è l'osservatore per eccellenza, che guarda, descrive, cataloga e cerca di trovare denominatori comuni nelle società tradizionali. Potremmo dire che il suo viaggio sta tra antropologia e sociologia, perché parte da un luogo più legato alla terra, per arrivare alla metropoli moderna e contemporanea per eccellenza: «Il viaggio, secondo Malinowski (antropologo e sociologo polacco che nel secolo scorso rivoluzionò gli studi etnografici con i suoi studi delle popolazioni della Melanesia, ndr) è il mezzo che ci aiuta a metterci nei panni degli altri, perché lontano da casa siamo tutti più sperduti e fragili, quindi più aperti e ricettivi verso l'alterità».

Continua la lettura

oppure

vai alla pagina precedente

Argomenti trattati

Newsletter EventiResta aggiornato su tutti gli eventi a Genova e dintorni, iscriviti gratis alla newsletter