Non esiste un posto al mondo, il viaggio di Maurizio Carucci: «Camminare è un viaggio a velocità propria»

«Durante questo viaggo», continua Maurizio, «ho conosciuto una pianura che ignoravo e ho percepito che, già a qualche chilometro da Milano, inizi a percepirne l'energia, il battito, le vibrazioni e l'aura delle sue luci. Lì ho avvertito anche l'assenza del rapporto tra città e Natura, quasi come se si fosse reciso un cordone ombelicale, al contrario della Val Borbera, in cui questo legame è molto più saldo».

Saldo esattamente con il rapporto che c'è tra musica e l'atto stesso del camminare: «Si tratta di due elementi complementari uno all'altro. Spesso quando si ascolta la musica si usa la metafora del viaggiare con la mente e questo vale per qualsiasi tipo di suono, sia esso quello di Paolo Conte o della techno berlinese».

Visto che si parla di percorsi e cammini, chissà a quale tappa della sua carriera si sente Maurizio? «Sono sul crinale, ho visto tante cose, tra i dischi e i tour con gli Otaghi e quello due anni fa con Fabri Fibra, il Festival di Sanremo. Ora sono lassù che un po' mi godo il momento, libero e capace di godermela. Da un certo punto di vista, però, tutto questo mi preoccupa, sono impreparato a godermela e ho paura che da questo punto in poi tutto possa andare a ramengo, però sono anche felice. Mi piacerebbe vedermi vecchio con questi libri, vorrei continuare ovviamente con la musica, ma anche con la scrittura. Gli Otaghi sono sempre la mia priorità, ma anche i libri e i viaggi hanno un posto importante nel mio futuro». 

Di Paola Popa

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