D'oro. Il sesto senso partigiano, da un'idea di Gad Lerner e Laura Gnocchi

©Federico Pitto
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DA Venerdì25Aprile2025
A Domenica27Aprile2025

«Non dite che siete scoraggiati, che non ne volete più sapere.
Pensate che tutto è successo
perché non ne avete più voluto sapere».
Giacomo Ulivi, partigiano ucciso a 19 anni.

A ottanta anni di distanza da quel fatidico 25 aprile 1945, il Teatro Nazionale di Genova è orgoglioso di dare vita a un nuovo e articolato progetto culturale, interamente dedicato alla Liberazione. Seguendo la suggestione della memoria e delle testimonianze, da mantenere vive e presenti, e della necessaria riaffermazione dell’importanza e della bellezza della Costituzione Italiana, che proprio dalla lotta partigiana ha avuto origine, il Teatro Nazionale di Genova accoglie con gioia l’invito di Gad Lerner e Laura Gnocchi di trasporre in teatro il loro enorme lavoro di ricerca Noi, partigiani.  Da questo prezioso incoraggiamento il direttore Davide Livermore, assieme alla regista Giorgina Pi, ha ideato una serie di iniziative - evento che rendono omaggio a tutte le forze che hanno contribuito alla liberazione di Genova e dell’Italia intera.

D'oro. Il sesto senso partigiano, questo il titolo, sarà uno spettacolo, una installazione site-specific e un percorso partecipato di cittadini e cittadine di Genova. Lo spettacolo va in scena venerdì 25, alle ore 20.30, e domenica 27 aprile 2025 alle ore 18 al Teatro Ivo Chiesa. Prevista anche una cerimonia il 25 aprile alle 12 con il presidente Mattarella.

Scrive Giorgina Pi: «D’oro sarà per sempre la storia di una generazione di ribelli che ha liberato l’Italia nel 1945. Il loro obiettivo era enorme: cessare la guerra per sdradicare davvero il nazifascismo. Una scelta di responsabilità collettiva, un’invocazione radicale di libertà. Una decisione estrema, un antifascismo esistenziale che pervase migliaia di persone giovanissime che cambiarono il corso della storia. Sedicenni che lasciano la propria casa per andare sulle montagne, altre che abbracciano l’attività clandestina all'insaputa della famiglia. Avevano al massimo poco più di vent’anni. D’oro era la loro ferma convinzione di trasformare la disperazione di un popolo in gioia. A partire dai meravigliosi racconti che ribelli quasi centenari fanno a Gad Lerner e Laura Gnocchi in Noi partigiani affideremo quella memoria luminosa a adolescenti che di quella esperienza si prenderanno cura a ottant’anni di distanza. Un atto psicomagico, una reincarnazione possibile e necessaria. Un dialogo tra esistenze ingiustamente spezzato, che ci chiama urgentemente adesso perché D’oro è il sesto senso partigiano, senza tempo».

È una vocazione rabdomantica che fa percepire la metafisica del fascismo, il pericolo diffuso: razzismo, sessismo, militarismo, retorica nazionalista e fa agire. Infine, non meno importante, D’oro è la medaglia alla Resistenza della città di Genova per la sua autoliberazione quando, quella sera del 25 aprile 1945 a Villa Migone, residenza del cardinale Boetto, il generale Günther Meinhold fu costretto a firmare l’atto di resa davanti all’operaio Remo Scappini, la cui moglie Rina, incinta, era stata seviziata dai nazifascisti fino a farle perdere il bambino. Quel foglio di carta al punto 2 imponeva che le truppe tedesche consegnassero le armi nelle mani dei partigiani. C’era scritto proprio così: partigiani. L’indomani entrarono in città gli americani, e rimasero stupefatti: «A wonderful job».

La mattina del 26 aprile Paolo Emilio Taviani, a nome del CLN, poteva annunciarlo via radio: «Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d’esercito si è arreso a un popolo».

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