Genova, 14/05/2020.
Il lockdown causato dal diffondersi del Coronavirus in Italia ha costretto tutti noi a modificare radicalmente le nostre abitudini, a guardarci dentro e a rivedere le nostre priorità. Tutto è cambiato e forse nulla sarà più come prima. Non tutti potranno tornare a lavorare in ufficio: c'è chi, dopo due mesi di smart working, continuerà anche in futuro a lavorare da casa.
Ma come trasformare la stanza di un appartamento, magari di piccole dimensioni, in un luogo di lavoro? Come rendere l'ambiente confortevole? E se in casa ci sono anche dei bambini, come mantenere la propria privacy mentre si lavora? Lo abbiamo chiesto a Irene Novello, genovese, che di professione fa la professional organizer: Irene aiuta le persone a riorganizzare le loro case e l’ufficio, a gestire il tempo e gli impegni. Basta farlo con amore.
Irene Novello si definisce specializzata in disorganizzazione cronica. Un lavoro, il suo, che ricorda molto quello di Marie Kondo, la scrittrice giapponese, autrice del best seller Il magico potere del riordino, che aiuta le persone a rivedere gli spazi abitativi con lo scopo di migliorare la qualità della loro vita. La nostra Marie Kondo genovese ripensa agli spazi abitativi, ma aiuta anche le persone a organizzare meglio i propri impegni e a usare l'agenda in modo efficace. Parola chiave: leggerezza.
Pensando a uno spazio di lavoro dentro la propria casa,
quali sono le caratteristiche fondamentali che deve
avere?
«Ovviamente ogni casa è diversa e ogni famiglia lo è. Se vogliamo
pensare ad una condizione ideale, lo spazio di lavoro dovrebbe
essere isolato o isolabile (avere una porta), avere luce naturale
ed essere libero da distrazioni: televisione, disordine, avere una
sedia confortevole e una scrivania o un tavolo sufficientemente
grandi».
Come creare dal nulla il proprio ufficio casalingo? E
quale può essere la stanza migliore da
riadattare?
«Consiglio di partire da una valutazione:
quante persone ci sono in casa? Che tipo di attività fanno? Due
adulti riescono probabilmente a gestire meglio gli spazi e possono
condividere il calendario delle rispettive riunioni o telefonate,
se lavorano nella stessa stanza. Oppure, si può pensare di mettere
un tavolino o una piccola scrivania in camera da letto, essendo la
stanza che si usa solo per dormire. Se siamo fortunati e abbiamo
una stanza in più, non c’è problema. Se dobbiamo usare il
soggiorno, dobbiamo fare attenzione a gestire bene le varie
attività della famiglia».
E se la casa è piccola?
«Spesso nelle case piccole ci si trova a lavorare sul tavolo da
cucina. Se non abbiamo altri spazi, prendiamo un scatola dove
riporre tutto l’occorrente per il lavoro, in modo da poter liberare
facilmente il piano e non perdere cose in giro, tipo gli occhiali o
il caricatore del computer».
Come dovrebbe essere una scrivania ben
organizzata?
«Dovrebbe avere gli strumenti base: computer, mouse, luce,
stampante (se la usiamo spesso), l’agenda (se usiamo quella
cartacea), un po’ di cancelleria (penna, matita, evidenziatore) e
la pratica o i documenti su cui stiamo lavorando in quel momento. E
usiamo il telefono per le telefonate».
Lavorare a casa significa anche avere più distrazioni,
finendo per trascorrere al pc più ore del dovuto: come evitarle e
risultare più efficaci?
«Proprio perché potremmo avere
varie attività potenzialmente rischiose, proviamo a organizzare le
varie attività di gestione della casa e della famiglia con meno
improvvisazione. Possiamo impostare un calendario di attività per
tutti, in modo da creare tempi di lavoro, di gioco, di gestione
della casa. Cerchiamo inoltre di limitare le distrazioni da
notifica, quindi togliamo le notifiche dallo smartphone e chiudiamo
i vari social anche dal browser. Inoltre, visto che il multitasking
non esiste, comunichiamo ai nostri colleghi quando possiamo essere
presenti e quando no, e cerchiamo di uniformare i tempi di
attività».
Psicologicamente non è semplice pensare di lavorare da
casa, se si è abituati a una vita da ufficio: quali sono i
comfort per vivere meglio questa nuova situazione?
«Le abitudini sono spesso difficili da cambiare, e ci vuole metodo:
proviamo a scrivere una routine giornaliera. Da quando ci
svegliamo, quando facciamo colazione, inserendo il tempo per andare
a fare la spesa, per le pause, per il nostro benessere. Restando a
casa, recuperiamo vari minuti, alcuni ore, che possiamo reimpiegare
facendo le cose per noi: cucinare, leggere, fare ginnastica. Creare
nuove abitudini che ci gratifichino ci faranno sentire meno il peso
del non poter uscire».
Se a casa ci sono dei bambini non è semplice trovare i
propri spazi per lavorare in tranquillità: come
fare?
«Un consiglio è quello di usare le tecnica del
pomodoro: è una famosa tecnica di gestione del tempo,
che può aiutare a impostare le attività per tutta la famiglia (o
almeno provarci), magari alternando la presenza dei genitori con i
figli (soprattutto quelli più piccoli). La tecnica si basa sull’uso
di un timer di 25 minuti dove si sceglie una sola attività
da eseguire: cucinare, giocare, lavorare… Finiti i 25 minuti si fa
una pausa di 5 minuti e poi si ricomincia».
C’è chi approfitta di questo periodo per riordinare la
propria casa: da dove partire per eliminare il superfluo e rendere
gli spazi più confortevoli?
«Proprio perché non c’è un
numero giusto di oggetti da tenere, partiamo da eliminare tutto
quello che ci dà fastidio, che non ci piace più, che è rotto o che
ci dà emozioni o ricordi spiacevoli. Ora che passiamo tanto tempo
in casa, circondiamoci di quello che ci piace veramente. Il
consiglio è di partire con togliere le cose da buttare, che
possiamo differenziare. Partiamo da progetti piccoli, in modo da
abituarci al riordino - se abbiamo tanto superfluo - e non
ritrovarci con più disordine di prima. Quindi no a tirare tutto
fuori, soprattutto se non ho pianificato tutti i passaggi: cosa
butto, cosa regalo e a chi, come faccio a eliminare quello che non
è differenziabile, come rioriganizzo quello che rimane».
I problemi di chi vive in case disordinate a volte sono
di tipo psicologico, e non solo organizzativo. Chi si occupa di
decluttering offre anche un sostegno psicologico? Quanto è
diffuso oggi in Italia il disturbo d'accumulo?
«Il
disturbo d’accumulo è un disturbo mentale, recentemente inserito
nel Manuale Diagnostico e Statistico e deve essere diagnosticato da
uno psichiatra. Le stime sono che ne soffrono fra il 3 e il 6%
della popolazione italiana, ma sono stime al ribasso, essendo un
disturbo nascosto all’interno delle abitazioni. I
professional organizers specializzati come me in questo
disturbo non forniscono supporto psicologico, ma spesso collaborano
con psichiatri o psicologi che conoscono e trattano il disturbo.
Non tutto l’accumulo è patologico, ci sono anche situazioni di
grande disordine che non hanno le due caratteristiche principali
del disturbo: eccessiva acquisizione e nessuna eliminazione».
Di Francesca Baroncelli