Lodi, 26/02/2020.
L'area intorno a Codogno è il più grande focolaio italiano del Coronavirus. È la nostra Wuhan, hanno detto alcuni, dove l'incubo Coronavirus ha avuto inizio. A Codogno tutto è immobile, deserto, senza vita: un paese fantasma. Soprattutto, è un luogo dell'Italia dove non c'è niente da vedere, a maggior ragione dopo quello che è successo. Ok stop, fermiamoci un attimo: davvero vogliamo descrivere così Codogno tra qualche anno? Certamente no.
Nonostante il virus che affligge il comune in provincia di Lodi in questi mesi, a Codogno c'è molto da vedere ed è nostro compito non lasciare che diventi davvero un paese fantasma in futuro. D'altra parte, c'è differenza tra Coronavirus e ignoranza: il primo è destinato a rallentare e scomparire, mentre la seconda può espandersi molto più velocemente di qualsiasi virus.
Anche nell'emergenza, con tantissimi eventi annullati in Lombardia (Salone del Mobile 2020 in primis, ma anche innumerevoli concerti e spettacoli cancellati, per non parlare dei musei chiusi), noi di mentelocale facciamo quello che ci riesce meglio: raccontarvi cosa fare e dove andare non solo nelle grandi città, ma anche nei luoghi più caratteristici e meno conosciuti d'Italia. Il nostro consiglio è quello di visitare Codogno, ovviamente dopo che l'emergenza Coronavirus si sarà placata. Ma fatelo, almeno una volta nella vita, per rendervi conto di quello che Codogno può offrire, dai suoi musei ai suoi palazzi fino alle ville in stile liberty e neomedievale.
È probabile che alcuni non conoscano la storia di Codogno e da dove derivi il suo nome. Eppure oggi Codogno è, per importanza storica, economica e per numero di abitanti, il principale centro della provincia di Lodi dopo il capoluogo. Ha una tradizione di centro di diffusione e incremento della cultura e ha ospitato accademie letterarie e musicali. Importante anche dal punto di vista storico è la fiera autunnale che si tiene ogni anno, dalla fine del Settecento, il terzo mercoledì di novembre. Ma andiamo con ordine e partiamo dall'inizio per scoprire Codogno. Ecco la sua storia e i consigli su cosa vedere a Codogno. Buona lettura!
Codogno è la seconda città più popolata della provincia di Lodi. L'insediamento si fa risalire alla penetrazione romana nella Gallia Cisalpina. Il nome Codogno, antica Cothoneum, deriverebbe infatti da quello del Console Aurelio Cotta, vincitore dei Galli Insubri che popolavano quelle terre. Tuttavia non se ne ha la certezza, perchè la prima testimonianza dell'esistenza di Codogno la si ha solamente nel 997, quando il centro abitato viene citato in un diploma dell'Imperatore Ottone III. Il nome Codogno potrebbe anche essere tratto dal pomo cydonio, o melo cotogno, frutto tipico del luogo.
Dopo la giurisdizione dei vescovi di Lodi, Codogno viene ceduta nel 1441 da Filippo Maria Visconti alla famiglia Fagnani e nel 1450 ai Trivulzio. All'epoca, Codogno aveva forte tensione autonomistica, tant'è che i codognesi si slegarono dalla realtà del territorio dei Trivulzio e chiesero di essere considerati piacentini. Così, con un atto ratificato il 21 aprile 1492, i codognesi divennero cittadini piacentini e vollero la lupa piacentina nel proprio stemma, legata con una catena d'oro all'albero di mele cotogne.
L'inizio del XVI secolo fu caratterizzato dalle battaglie fra Francia e Spagna per l'occupazione dell'Italia e dalla peste del 1516 che arrestarono lo sviluppo del borgo. In seguito alle guerre la città venne fortificata. È in questo periodo che viene costruita a Codogno la parrocchiale di San Biagio. Codogno continuò a progredire fino alla fine dell'Ottocento. Considerando come confini dell'area milanese quelli della vecchia Provincia di Milano, Codogno era il quarto comune del territorio per numero di abitanti nei censimenti del 1861, 1871 e 1881, dietro a Milano, Monza e Lodi.
Artisticamente, Codogno presenta edifici di grande interesse, sorti insieme allo sviluppo economico e agricolo. Oggi sono diverse le principali attrazioni di Codogno, ma sicuramente non potete perdervi queste:
Da non perdere infine i musei: dal Museo Cabriniano, all'interno del Centro di Spiritualità Santa Francesca Saverio Cabrini, alla raccolta d’arte Carlo Lamberti, nel seicentesco Palazzo Lamberti di via Cavallotti 6.
Di Fabio Liguori