Magazine, 14/11/2017.
Attendere: infinito del verbo amare. Spesso ci si innamora di una storia per le emozioni che ci regala, per l’intensità dei personaggi, per l’empatia che scatena, per la forza delle sue immagini, per la poesia contenuta nella sue pagine. Raramente mi è capitato di innamorarmi già per la potenza della frase scelta per la quarta di copertina, e poi di rimanere innamorato fino alla pagina dei ringraziamenti. Fino ad oggi.
Non Stancarti di Andare (ed Bao Pubblishing 311pp - 27 euro) di Teresa Radice e Stefano Turconi è un libro che parla di attesa; la racconta, la canta, la celebra, è stato esso stesso oggetto di attesa densa di voglia di incontrare due autori che han saputo incantare con il Porto Proibito e stupire con L’Orlando Curioso.
Volume atteso – le cinquecento copie speciali edite per Lucca Comics sono letteralmente evaporate -, conquistato, conservato e infine, finalmente, letto. Amato. Il volume non solo si conferma all’altezza delle più alte aspettative ma, quasi in contrasto con la filosofia leopardiana, che sia l’attesa la parte più bella della festa, si eleva ben oltre. Il volume è una fonte di gioia, di meraviglia, continua. Che quando finisce ne vuoi ancora e hai voglia di rileggerlo, condividerlo, citarlo, impararlo a memoria come le canzoni più belle. Stupisce. Diverte. Emoziona. Commuove distillando lacrime. Innamora tanto.
In una sola parola è a tutti gli effetti un capolavoro, un volume da comprare e conservare gelosamente, ma soprattutto da regalare con immane generosità.
Iris e Ismail sono due ragazzi – illustratrice lei, calligrafo lui - che stanno per costruire la loro vita assieme e che si trovano ad affrontare prove enormi. Il volume si apre con un viaggio che cambierà loro, le persone che gli stanno accanto e anche i lettori che li accompagnano.
Ismail deve tornare in Siria e il suo ritorno è tutt’altro che scontato. Il viaggio di Iris è quello di una donna che si fa dono di vita. Sarà madre. Le tre ore che separano la prima e l’ultima tavola sono una scoperta continua al punto che la persona che lo inizia, inevitabilmente, non sarà la stessa che, col cuore gonfio e gli occhi velati, lo finisce. Colpisce la struttura del volume, l’architettura del racconto.
Un racconto corale, si suol dire, anche se in questo caso è racconto di vita. Immaginate le paure, le ansie, le gioie delle persone che interagiscono tra loro quotidianamente, nessuno è comprimario a nessuno, ciascuno è protagonista della sua storia. Quello che rende questo volume speciale, al di là delle emozioni che scatena, è proprio nel modo in cui Teresa sposta l’attenzione del lettore sui vari personaggi. Iris, Ismail ovviamente, ma anche amici, parenti e ciascuno dei passeggeri del viaggio all’inferno che spetta al ragazzo. Lo studio della struttura del romanzo colpisce, ma a stupire una volta di più è la scrittura con cui Teresa trasforma ogni parola in emozione.
La quantità di immagini, metafore, poesia che infonde nel volume è accompagnata dall’estrema capacità con cui Stefano la illustra. Ogni tavola è un quadro da cui essere rapito. Nel racconto si rincorrono stili, dalla biro al pastello, che però rimangono saldamente attaccati al talento dell’illustratore. Se è vero che colpisce il color seppia delle prime tavole, avvolge il racconto del deserto e infonde una serena nostalgia il pastello per le tavole dedicate agli anni Settanta ci sono alcune tavole che hanno una forza deflagrante. Un evento drammatico, decisivo per il destino di Ismail, è raccontato con il tratteggio disperato usato da Luz per raccontare la carneficina di Charlie Ebdo. Due sole tavole, dalla potenza visiva fortissima, raccontano in modo esemplare come alla ricerca delle parole fatta da Teresa corrisponda altrettanta passione nella ricerca del tratto.
In questo modo racconto e immagini diventano un’unica sinfonia, come a raccontare della forza del legame che tiene uniti i due, e restituiscono al lettore un viaggio in un oceano di emozioni che semplicemente lo travolgono al punto di entrare in profondità. Un lettura tanto bella da essere quasi dolorosa.
Iris e Ismail sono l’occasione per raccontare una storia che Teresa e Stefano avevano bisogno di tirare fuori – complice un viaggio, ma soprattutto l’osservazione di un mondo che respinge e non accoglie e la necessità di elaborare il rapimento di Padre Paolo dall’Oglio, amico e guida spirituale -, occasione di cui i lettori hanno assoluto bisogno.
In un contesto nel quale è paurosamente facile trovare sotto casa una manifestazione sedicente pacifica e civile contro gli altri – come ci fosse civiltà in chi brandisce fiaccole a visto aperto invece che con facce coperte da cappucci – loro scelgono una strada estremamente delicata.
Come in Orlando Curioso, anche in questo volume che di Orlando è padre e fratello maggiore, parlano di rapporto con la paura dell’altro, degli stereotipi che ci accompagnano come fossero zavorra per l’anima, che a fine lettura è più consapevole e leggera.
Non stancarti di andare è un libro che parla soprattutto dell’avventura di chi smette di essere figlio per diventare genitore e lo fa con parole che sono poesie, utilizzando pagine di un diario che, nato per accompagnare la gravidanza dell’autrice, diventano testimonianza di amore infinito, corrispondenza di amorosi sensi tra la penna di chi scrive e gli occhi, il cuore, di chi legge.
Ciascuna della pagine che Teresa regala a Iris e che raccontano la Vita al nascituro sono così ricche da giustificare da sole la bellezza del volume. Alla gravidanza di Iris si accompagna il ricordo del suo incontro con Ismail e l’imponente figura di Padre Saul – un missionario volutamente ispirato a Padre Paolo Dall’Oglio – e una grande spiritualità, perché Non stancarti di andare parla di Dio. Lo interroga, Lo celebra, Lo racconta e Lo affronta persino con disarmante franchezza.
All’incontro tra persone corrisponde un incontro di spiritualità, di religione. I protagonisti, tutti, si interrogano rispetto al proprio rapporto con la fede, mentre Ismail e Iris sono la sintesi di questo incontro.
Una delle pagine più belle è quella che vede Iris ritratta nella Chiesa di San Giovanni Pré, a Genova. La sua educazione Cattolica messa in discussione da una madre sfacciatamente atea.
Il suo ricordo dello scandalo dato dal Cristo che mette sotto la Sua luce gli ultimi, mentre i suoi seguaci, ebbri di falsa verità ed egoismo, scacciano chi ha fame, chi ha sete e chi ha bisogno di un letto.
L’incontro con Ismail è un viaggio nel cuore della Siria, in un Islam che è incontro tra i popoli. Si rincorrono immagini e ricordi. Aleppo e il suo mercato, l’immensità del deserto, Palmira e poi il Santuario di Saul, il gesuita esperto di corano. Una contraddizione, ma solo in apparenza. Saul è un personaggio enorme nel quale confluiscono amore e saggezza unite ad un aspetto imponente. Il suo abbraccio esce dal volume tanto è grande il suo potere evocativo.
Con le genti del libro parlate in modo cortese e dite
loro:
crediamo in ciò che è stato rivelato a voi e in
ciò che è stato rivelato a noi.
Il nostro Dio è lo
stesso vostro Dio.
Il viaggio verso casa di Ismail, il deserto, i trafficanti, la Libia e il Mediterraneo che è speranza per alcuni, sepolcro per molti, diventano parte della vita del lettore. Mentre commozione e rabbia si accompagnano al suo cammino, Iris ricostruisce se stessa, il rapporto con sua mamma e con le persone che l’hanno resa la donna che è.
Per tutto questo e non solo Non Stancarti di Andare non è solo il titolo di quello che si impone come una delle letture più intense mai fatte, un classico istantaneo, ma è soprattutto una preghiera, un monito, un augurio, un invito a non smettere mai di esser curiosi, a continuare a cercare il bello in ogni passo si faccia, in ogni granello che la clessidra che chiamiamo vita reclama.
Una storia dai mille riferimenti, dai mille significati e che parla al lettore sussurrando al suo orecchio. Una lunga poesia – una smisurata preghiera – racchiusa in un volume che si apre con la Genova di inizio '900 che salutava chi si spingeva verso il nuovo mondo e si chiude con Genova che accoglie una vita nata dall’incontro di anime provenienti da mondi lontani.
Un libro sulle attese che diventa libro, sull’Amore e che racconta che sì, Attendere, come diceva Don Tonino Bello, è proprio l’infinito del Verbo Amare.
Di Francesco Cascione