Magazine, 11/10/2023.
Sessant'anni fa, il 9 ottobre 1963, l'Italia fu scossa da una tragedia che avrebbe macchiato per sempre il corso della sua storia. La frana del Monte Toc, che precipitò nel bacino del Vajont generando un'onda di piena devastante che portò via quasi duemila morti, rimane una delle pagine più sciagurate nella memoria del nostro Paese. Tuttavia, da questa storia di distruzione e dolore emerse una figura di coraggio e integrità che seppe alzare la voce quando serviva: Tina Merlin.
Nata nel 1926 a Trichiana, la Merlin crebbe tra le imponenti montagne delle Dolomiti in un'epoca di grandi trasformazioni sociali e politiche. La sua passione per la giustizia sociale e la determinazione nel dare voce ai più deboli la portarono a diventare una delle giornaliste più influenti del suo tempo, interpretando un ruolo fino a quel momento di appannaggio esclusivamente maschile. Fu la sua fermezza nel denunciare i pericoli legati alla realizzazione della diga del Vajont che la rese un'eroina della verità.
Tina Merlin fu tra i primi a comprendere l'incalcolabile rischio di quel mastodontico manufatto, 261 metri di altezza, l’ottava diga più alta del mondo. Le falle nel progetto e le condizioni geologiche instabili erano segnali inequivocabili che furono però totalmente ignorati. Armata solo della sua penna, la Merlin iniziò a scrivere articoli che mettevano in luce le criticità ambientali legate a quel bacino artificiale, lanciando appelli disperati affinché si prendessero le necessarie precauzioni.
Tuttavia, le sue parole non vennero accolte con l'urgenza che meritavano. Le autorità e le società coinvolte nella costruzione sembravano più interessate a far progredire il progetto che a valutarne attentamente i rischi. Tina Merlin era solo un fastidio, una minaccia per il progresso apparente.
Nonostante la denuncia da parte della SADE (l'azienda responsabile della costruzione della diga) di turbare l’ordine pubblico con notizie false, accusa da cui venne pienamente assolta, la Merlin non si lasciò intimidire. La sua risolutezza era alimentata dalla consapevolezza che la verità dovesse emergere, che il bene comune andasse difeso a ogni costo.
Purtroppo, quelle paure si concretizzarono. Tina Merlin aveva avuto ragione. I suoi articoli, i moniti che in passato erano stati ignorati e derisi, anche dalle istituzioni, dopo la strage del Vajont risuonarono con una potenza inarrestabile. La storia aveva dimostrato che l’ardire e la determinazione di una sola persona potevano fare la differenza.
Oggi, a sessant'anni da quell’immane tragedia, appare doveroso ricordare Tina Merlin come una figura balda e integra, un faro che illumina il cammino di coloro che si battono per la legalità e la giustizia. La sua parabola umana ci ricorda che il giornalismo non è solo una professione, ma una missione: dare voce a chi non ne ha, denunciare le ingiustizie, mordere le caviglie del potere. In un mondo che sembra aver dimenticato i valori fondamentali, l'esempio della partigiana Merlin brilla ancora come una stella per i naviganti, guida e ispirazione di tutti coloro che credono nella lealtà e nel coraggio.