Magazine, 05/09/2019.
Il diritto allo studio, lo si ripete spesso e da più parti, è fondamentale per la piena realizzazione di un individuo. Peccato capiti a volte che tale diritto si scontri con delle leggi. Il caso più esemplificativo rimane quello di Medicina. Una facoltà ambita da molti ma accessibile a pochi, quest'anno non più di 11.568 studenti, come stabilito dal MIUR. Un incremento di posti pari a un +18% rispetto al 2018, ma non ancora sufficiente a soddisfare le decine di migliaia di richieste che arrivano ogni anno da tutta Italia.
Una dura legge, insomma. Che risale a vent'anni fa, quando, il 2 agosto 1999 la facoltà di Medicina e Odontoiatria è diventata a numero chiuso. Una scelta dovuta all'obbligo dello Stato italiano di garantire adeguati standard formativi per l'istruzione universitaria, come chiesto dall'Unione Europea, che sanciva il principio di relazione tra il numero di studenti e la capacità delle singole strutture di ospitarli, la disponibilità dei professori, la possibilità di svolgere laboratori e lezioni, e all'esigenza di limitare i troppi camici bianchi che operavano un tempo nel nostro Paese. Una situazione, evidentemente, molto diversa da quella odierna, dove per carenza di personale gli ospedali rimangono vuoti e i pazienti senza cure adeguate.
Peccato che la cura sia risultata, nel tempo, peggiore della malattia, finendo col generare non poche incongruenze e diseguaglianze tra gli studenti. Problematiche aggravate dalle tante e ricorrenti irregolarità nello svolgimento del test d'ingresso: disposizione irregolare delle postazioni, mancata schermatura delle aule, utilizzo di telefoni cellulari, errori nei quesiti somministrati, domande non sempre originali, errata formazione e composizione delle commissioni…
Storture che inficiano, ovviamente, il risultato della prova e che danno diritto alle migliaia di studenti rimasti esclusi dalla graduatoria nazionale di ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per chiedere l'adozione del provvedimento cautelare di sospensione e/o di iscrizione con riserva al corso, l'annullamento della graduatoria e la contestuale ammissione di tutti i ricorrenti, l'annullamento della graduatoria e dell'intera procedura di selezione, la dichiarazione dell'illegittimità della mancata copertura di tutti i posti disponibili indicati dagli atenei, il risarcimento del danno per la mancata e/o ritardata iscrizione alla facoltà e quindi all'accesso al mondo del lavoro.
Per veder riconosciuto questo diritto ogni anno molti studenti si rivolgono ad avvocati o a studi legali, che anche quest'anno avranno molto lavoro per il ricorso a Medicina 2019.
Di fronte a irregolarità manifeste, quella del ricorso al TAR, al momento, rimane insomma l'unica via percorribile. Ciò almeno in attesa che il Parlamento si muova per cambiare le norme che disciplinano l'accesso a Medicina, come peraltro più volte annunciato. Da ultimo, lo scorso ottobre, da Lega e Movimento 5 Stelle, che ne proponevano addirittura l'abolizione. Evidentemente così non è stato, e il prossimo 3 settembre, a test ultimato, ci ritroveremo, anche quest'anno, a fare i conti con polemiche e recriminazioni, accuse e difese che troppo spesso faticano a reggere. Peccato a farne le spese saranno ancora loro, ragazzi privati del loro sogno. Studenti privati del loro diritto.