Magazine, 21/04/2020.
Ogni giorno usiamo quest'invenzione, molto utile, ma con
alcuni difetti: i sacchetti. Andiamo a fare la spesa, prendiamo un
regalo per il nostro amico e subito ci viene fornita una busta.
Inventati negli anni '50 dall' ingegnere svedese Sten
Gustaf Thulin per evitare l'utilizzo di quelli di carta e, di
conseguenza, l'abbattimento di alberi, i sacchetti hanno
segnato l'inizio dell'era del consumismo. Inizialmente
pensate per essere sfruttate più volte, le buste hanno finito per
diventare oggetti usati una tantum. Oggi, i sacchetti, nel mondo,
fanno parte di quel 44,8% della plastica usata per gli
imballaggi che, non appena viene scartato l'oggetto,
finiscono subito nella spazzatura e, se non correttamente smaltiti,
nell'ambiente.
In Italia, ci sono molte aziende leader nel settore che producono
buste. Queste hanno avuto la capacità di adattarsi ai
cambiamenti delle norme giuridiche, alla visione
ambientalista e all' avvento di internet: chiunque pùo creare
la sua shopper personalizzata in pochi click. Ma cosa è cambiato
nell'arco di pochi anni?
La regolamentazione. Nel nostro Paese, e successivamente in Europa, sono state emanate leggi e direttive con lo scopo di ridurre o eliminare completamente l'uso di plastica nella produzione di questi utili oggetti. In Italia, i primi provvedimenti sono stati presi nel 2012. Ora, vige il divieto di commercializzare o fornire gratuitamente borse di plastica per trasportare le merci fino ad un certo spessore. Inoltre, è obbligatoria la vendita per quelle di spessore inferiore ai 15 micron usate per i cibi sfusi. Da quest'anno, questi ultimi sacchetti devono essere composti da almeno il 50% di materie prime rinnovabili e, dal prossimo, il 60%. L'Unione Europea, che precedentemente aveva aperto una procedura d'infrazione all'Italia per le regole ritenute troppo stringenti, poi conclusasi senza conseguenze, nel 2015, ha preso dei provvedimenti a riguardo. Tuttavia, essendo posti nella forma di direttiva, lasciano libertà di manovra agli Stati ed impongono obblighi meno rigorosi. Altri Paesi, come ad esempio la Francia, hanno emanato le proprie leggi prendendo come modello l'Italia. I produttori di buste hanno, quindi, dovuto innovarsi. Così, è incrementata la produzione di buste riutilizzabili per gli acquisti nei supermercati. E, infatti, sempre più persone si affidano a questa comoda soluzione, ma non tutti.
Buste biodegradabili e compostabili. Gli investimenti nella ricerca hanno dato i loro frutti e sono state trovate alternative alla plastica nella fabbricazione dei sacchetti. Infatti, possiamo trovare nel mercato le shopper biodegradabili e compostabili. Le buste biodegradabili possono essere scomposte tramite batteri ed elementi naturali in elementi chimici semplici, come acqua, metano e anidride carbonica. Secondo le norme dell'Unione Europea, questo processo deve avvenire entro 6 mesi per il 90% del prodotto. I sacchetti compostabili possono, invece, trasformarsi in terriccio fertile che potrà essere usato in agricoltura. Così, chi dimentica la borsa riutilizzabile a casa o non vuole usarla può utilizzare questa soluzione eco-friendly. Ma attenzione: la decomposizione di queste buste "ecologiche" avviene solo in particolari condizioni e, pertanto, non si possono abbandonare a piacimento nella natura, ma è necessario smaltirle nell'apposito bidone.
Da dove arrivano le bioplastiche? Prima di tutto, bisogna dire che non tutte le bioplastiche sono biodegradabili. Ad esempio quelle indicate come bio-PET o bio-PP non sono biodegradabili, pur derivando da biomasse. Allo stesso modo, possono esistere plastiche, come la PBAT, che derivano da materie prime non rinnovabili, ma sono biodegradabili. Principalmente, i sacchetti in vendita sono composti di bioplastiche che derivano da amido di mais, ma anche grano, frumento, barbabietola e altro. Tuttavia, la ricerca di nuovi materiali è massiccia e in continua evoluzione.
Il mercato delle bioplastiche. I dati parlano chiaro: l'industria della bioplastica è in crescita. Il fatturato del 2018 è stato di 685 milioni di euro, aumentato del 27% rispetto all' anno precedente. Il tasso di crescita annuale calcolato è del 10%. Si conta, inoltre, un aumento dei dipendenti e delle aziende che operano nel settore. Secondo i dati di Plastic Consult, sono più di 250 le aziende che lavorano nella filiera delle bioplastiche. Inoltre, sembra che, nell'ultimo periodo, il fenomeno dei "sacchetti illegali", cioè delle buste che erano falsamente dichiarate biodegradabili, si sia ridotto. E' palese, quindi, come il settore della produzione di sacchetti di plastica sia riuscito a prendere al volo le nuove opportunità riuscendo anche a migliorare il problema dell'inquinamento da microplastiche. Nonostante la strada sia ancora lunga, la ricerca continua e i produttori cercano sempre di stare al passo, cogliendo senza esitazione le nuove opportunità.