Magazine, 20/06/2017.
Adoro la Turandot e la voce del tenore Rudy Park, che ho visto sul palco nel ruolo del principe Calaf, nonchè ovviamente la splendida regia di Giuliano Montaldo. Per raccontare la trama (che sia chiaro:ironica) dell'opera di Puccini, mi sono ispirata al famoso sketch del Trio Marchesini-Lopez-Solenghi con Cenerentola e il principe Azzurro (per chi non lo ricordasse, Solenghi, nei panni di Enzo Biagi, intervista Lopez-Principe azzurro pugliese e la Marchesini-Cenerentola coatta romana, i quali smontano completamente la versione ufficiale della favola raccontando il loro incontro in discoteca nei modi che potete ben immaginare).
Ma torniamo alla nostra Turandot, partendo dal primo atto: sostanzialmente Calaf si innamora di Turandot guardandola da lontano per non più di 15 secondi e tanto gli basta per decidere di giocarsi la vita per averla in moglie. Ora, per quanto la principessa potesse essere gnocca, ci pare un po’ eccessivo, forse anche per la nostra epoca da supermercato del sentimento. Poco dopo conosciamo Liù, la schiava che si porta in giro il vecchio padre di Calaf, Timur, soltanto in virtù del fatto che molti anni addietro il principe Calaf le aveva rivolto un mezzo sorriso. Anche lei evidentemente è vittima della sindrome da colpo di fulmine e con una considerazione di se stessa pari a - 30.
Eccoci al secondo atto: per avere in sposa
Turandot, i pretendenti dovranno rispondere correttamente a tre
indovinelli, pena la morte. Dai nostalgici racconti dei tre
ministri Ping, Pong e Pang (ok, ammettiamo che in
questo caso Puccini non si è sprecato più di tanto in fantasia
creativa) si capisce che, secondo loro, se la bella Turandot avesse
accanto un bel maschio dominante le cose andrebbero molto meglio
per tutti, e parteggiano caldamente perché Calaf indovini i tre
quesiti: fino ad allora nessuno ci era mai riuscito. In caso
contrario toccherà loro organizzare l’ennesimo funerale, cosa che
ormai è diventata anche un po' noiosa. Finalmente compare
Turandot e scopriamo che il suo rifiuto di sposarsi (in
un'epoca in cui evidentemente non era neppure pensabile il
contrario) è dovuto a un trauma infantile riguardante una sua
antenata data in sposa, controvoglia, a un principe conquistatore
che l'aveva fatta fuori la prima notte di nozze. Abbozziamo
un moto di comprensione per la gelida principessa,
anche se decapitare la gente che non sa risolvere i suoi
indovinelli ci pare in ogni caso eccessivo.
Gli indovinelli, che erano costati la vita a fior fiore di giovani
nobili di ogni Regno, vengono invece risolti senza tanti
problemi da Calaf, che a questo punto pretende la
mano della principessa. Lei però non ci sta, cerca di
cambiare le carte in tavola, non intende accettare le sue stesse
condizioni e fa una scenata isterica. Calaf fa
quindi un gesto (apparentemente) da gran signore e le concede una
chance: se lei indovina il suo nome entro l’alba, lui
rinuncia a sposarla e, anzi, si farà decapitare (qui la famosa
aria"All'alba
vincerò"). A Turandot non par vero di aver trovato
un simile pirla.
Terzo atto: Calaf è certo di vincere, perché
nessuno sa il suo nome e quindi l’ordine della principessa di
scoprirlo ad ogni costo, pena la decapitazione di chiunque, non
porterà a nulla. Ma il principe ha un punto debole:
qualcuno lo ha visto parlare con Liù e il vecchio
Timur. I due vengono quindi arrestati per estorcere loro
il nome del misterioso pretendente. Non si capisce bene perché non
si scelga di torturare il vecchio, che avrebbe forse opposto minor
resistenza e che sicuramente avrebbe impietosito maggiormente il
figlio. Di fatto quella che viene torturata è Liù.
Facciamo presente che Calaf assiste, trattenuto dalle guardie, e in
ogni momento potrebbe facilmente dire il suo nome e salvare la
sventurata, ma non lo fa. Liù, ormai esausta, nel timore di parlare
si uccide come estremo gesto di dedizione verso il suo
principe per regalargli la donna che lui ama.
Calaf si dispera sì e no per meno di un minuto, ha
qualche moto di rabbia verso Turandot (senza considerare in alcun
modo le proprie responsabilità), ma poi la follia passionale lo
riprende e la bacia con ardore. La principessa
sembra non disdegnare, ma in ogni caso l’onta di essere stata vinta
è per lei intollerabile. A quel punto Calaf non ce fa
più e, per mettere fine alla telenovela, le dice il
suo nome e quel che ha da essere, sarà. Lei si rianima e sembra
avere conferma di quanto pirla sia quell’uomo. Il
mattino tutta la Corte è presente per sapere se Turandot ha
scoperto il nome del misterioso corteggiatore, ma proprio nel
momento clou… lei lo chiama Amore e in
questo modo salva l’onore, la faccia e in ogni caso si
becca il principe (che poi tanto male non doveva essere).
E vissero tutti felici e contenti. A parte la
povera Liù della quale, diciamolo, non poteva fregar di meno a
nessuno.
Di Cristina Torriano