Milano, 19/06/2023.
La tappa numero 62 del tour delle bottghe storiche di Milano di mentelocale.it è la Gioielleria Cortelazzi, un negozio estremamente sofisticato che si trova in corso Buenos Aires 40. Dalle sue luccicanti vetrine si scorgono gioielli di pregiati marchi - Damiani, Giorgio Visconti, leBebé, Chimento, e molti altri ancora - adagiati su lisci ripiani in legno di noce.
Qui il tempo sembra essersi fermato, com'è tipico di molte botteghe storiche che abbiamo conosciuto finora, caratterizzate da quel misto di professionalità e cordialità che trova conferma, questa volta, nella persona di Gianpaolo Cortelazzi. «La gioielleria è in questa via dal 1953: siamo stati riconosciuti storici cinquant'anni dopo», racconta. «Nel locale c'era mio nonno Aldo, poi gli sono subentrati i suoi tre figli - Lauro, Renzo e Mario - mentre io rappresento la terza generazione».
I Cortelazzi sono stati tra le prime persone ad entrare in corso Buenos Aires, che era stato bombardato durante la guerra; quando, infatti, furono eretti nuovi palazzi, cominciavano ad aprire anche i primi negozi. L'ingresso in gioielleria di Gianpaolo non è avvenuto per obbligo, anche se sapeva che, fisiologicamente, la bottega non sarebbe sopravvissuta se non ci fosse stata continuità. «Se avessi preso un'altra strada, come i miei fratelli che sono diventati medici, questo negozio sarebbe già chiuso. Invece io, quando ho finito il liceo, studiavo la sera per l'università e poi al mattino andavo in negozio ad aiutare mio padre. L'ho vissuta molto bene, addirittura ci ho scritto la mia tesi di laurea incoraggiato da una prof della mia facoltà che era interessata alla capacità di una bottega di creare benessere famigliare».
Essere in corso Buenos Aires rappresenta per la Gioielleria Cortelazzi diversi vantaggi, anche solo perché mette insieme una clientela di quartiere a una clientela di passaggio. Addirittura, una volta, questa posizione era condizione necessaria e, al contempo, sufficiente per essere certi di lavorare, ma nel tempo molte gioiellerie hanno pian piano abbassato la saracinesca, e non solo per causa del Covid. «Nel mio caso, fortunatamente, la bottega va avanti perché mi do molto da fare, ad esempio lavoro meglio nei momenti di difficoltà, faccio solo orario continuato e ad agosto sono l'unico a restare aperto: mi interessa fare la differenza, perché a fare il lavoro semplice sono tutti bravi».
Gianpaolo confessa che questa sua resilienza deriva dal rugby, uno sport che ha praticato da ragazzino e che ama ancora alla follia, perché gli ha insegnato a non mollare mai: «nel rugby, quando non ce la fai più, di solito cedi immediatamente, ma io sul campo mi dicevo sempre se tengo duro per un po', li frego tutti, per questo il mio lavoro viene prima dei miei bisogni».
Un'altra peculiarità della gioielleria è saper anticipare le richieste della persona, contando su una suddivisione dei prodotti strategica che aggira la carenza di spazio dovuta alla natura del locale. «Ti faccio un sorriso quando compri ma, se ritorni perché qualcosa non va, te ne faccio due: posso anche cambiare e riparare qualsiasi cosa, senza imporre condizioni, perché lo faccio decidere al cliente». Basta adoperare la pazienza e le parole giuste, conclude Gianpaolo, che quanto a coinvolgimento ha imparato a instaurare una relazione empatica e non meccanica con i suoi clienti.
Di Bernadette Hanna