La mostra - prodotta con Rjma Progetti Culturali, Wall of Sound Gallery e Sm-Art - è visitabile nei seguenti orari di apertura: 10.00-19.00 dal martedì alla domenica, con orario esteso fino alle 22.00 il venerdì (lunedì chiuso, tranne 25 aprile, primo gennaio e primo aprile). Biglietti: intero 13 euro (open 15 euro), ridotto 11 euro per gruppi da 10 a 25 persone; ridotto 8 euro per bambini e ragazzi da 6 a 25 anni e disabili; ingresso gratuito per bambini minori di 5 anni.
Al termine della visita, abbiamo chiesto a Guido Harari di rispondere ad alcune domande su cosa significhi per lui ritrarre e su cosa voglia dire fotografare oggi.
Guido Harari, cosa chiede o cosa cerca alle persone e agli artisti quando si mettono davanti al suo obiettivo?
«Il ritratto, in genere, per me è sinonimo di incontro. Ma non è tanto l’incontro con l’altro, quanto l’incontro con se stessi attraverso l’altro: l’altro fa un po’ da specchio a noi. Nella dinamica che si cerca di creare, nella chimica, l’idea è quella di sbloccare dei meccanismi che abbiamo noi stessi: cercando di sbloccarli nel soggetto, li sblocchiamo automaticamente dentro di noi. È un’esperienza di contatto, dove si possono creare complicità ed empatia; ma si può anche aiutare il soggetto a scoprire degli aspetti di sé di cui non è consapevole e, comunque, a riconoscersi nella foto che si va a realizzare. Questo per me è il ritratto. È un gioco condiviso con altri».
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