Dai dipinti onirici degli anni Settanta alle sperimentazioni radicali delle più recenti anti-canvas, la mostra ripercorre i momenti salienti della produzione dell’artista, attraverso una selezione di opere iconiche, lavori inediti e nuove produzioni che costruisconouna relazione dialogica con il contesto e la collezione della Gam.
Nella prima sala, opere di periodi diversi come Ma-Yaa (1994-1898), Nine, Billie, Mingus, Monk’s (2003), entrambe mai esposte prima d’ora, e Singin’, in Sweetcake’s Storm (2017) mettono in luce la stratificazione come aspetto centrale, non solo dal punto di vista tecnico e materiale, ma anche in termini iconografici e di significato. La stratificazione è infatti una chiave di lettura fondamentale della figura di Jackson, il cui evolversi come artista deriva da esperienze e idee maturate nel tempo e la cui opera va letta come il risultato della loro sedimentazione piuttosto che di rotture stilistiche attribuite a cambiamenti estetici. All’amore per la natura, che attraversa tutto il lavoro dell’artista, è dedicata la seconda sala con un’ampia selezione di opere inedite su carta che hanno come uniche protagoniste delle foglie (dalla serie Idyllwild leaves, 1982-1984). Accanto a queste, un lavoro iconico come Triplical Communications (1969) parla dell’interconnessione tra lo spirito, l’umano e la natura, mentre Somethings in the World (2011), un’opera in larga scala qui esposta per la prima volta, dimostra come l’amore per la natura si traduca per l’artista anche in una costante attenzione al riciclo e al riutilizzo di materiali di recupero, tra cui la Bogus paper, una carta dismessa e recuperata sui set teatrali. L’uso di varie tipologie di carta, rare e comuni, come supporto alternativo alla tela segna l’inizio di un’indagine sulle possibilità strutturali della pittura che porterà il lavoro di Jackson in direzioni del tutto imprevedibili.
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