Furla Series #05: Somethings in the World, mostra di Suzanne Jackson

Nella sala successiva il monumentale trittico In A Black Man’s Garden (1973) esemplifica la produzione degli anni Settanta in cui Jackson, utilizzando una tecnica di pittura ad acrilico simile all’acquerello, restituisce in modo poetico la bellezza della natura attraverso tutti gli elementi che la compongono, piante, animali, essere umani. Le forme sembrano fluttuare sulla superficie della tela grazie a uno sfondo bianco gesso, distintivo della produzione pittorica di questo periodo in cui le immagini sono ottenute dalla stesura progressiva di velature di colore che danno loro una consistenza evanescente e rivelano il lungo processo di lavorazione e rielaborazione. L’accostamento di questo dipinto a due opere successive come Joan's Wind (1997) e The ‘white-eyes’ shift (2022) chiarisce gli estremi tra cui si muove la ricerca pittorica dell’artista e i molteplici esperimenti con la materia di cui si nutre. 

Il percorso continua nella quarta sala dedicata all’aspetto più scultoreo del lavoro di Jackson, con opere recenti come Red Top (2021), Quick Jack Slide (2021) e l’inedita Future Forest (2023), realizzata in occasione della mostra, che dimostrano come la sua continua sperimentazione di tecniche arrivi a scardinare una netta distinzione tra forme espressive e linguaggi diversi, approssimando la pittura alla scultura e viceversa. A chiudere la mostra sono le produzioni pittoriche più recenti, una serie di lavori che consistono in densi strati di acrilico puro che fa sia da medium che da supporto, come Rag-to-Wobble (2020) e il monumentale Deepest ocean, what we do not know, we might see? (2021). Utilizzando vernici opache e iridescenti, e creando variazioni di spessore e di trasparenza, l’artista stende l’acrilico in strati addensati che generano forme dai contorni irregolari e fanno sì che la materia pittorica reagisca dinamicamente alla luce e ai movimenti dello spettatore. Note come anti-canvas (anti-tele), queste opere sono state recentemente definite anche environmental abstraction(astrazione ambientale), un’accezione, quest’ultima, che Jackson ama particolarmente perché sottolinea come il suo approccio, che recupera e riutilizza materiali di scarto e avanzi di pittura per dare integrità strutturale al dipinto, sia innanzitutto il riflesso del senso di responsabilità sociale nei confronti di tutto quello che la circonda, dell’attenzione alle dinamiche relazionali tra uomo e natura, e dell’etica ambientalista che contraddistingue tutto il suo percorso, artistico e non solo.  

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