Sabato 2 dicembre 2023, in occasione del Callas Day per il centenario della nascita della grande soprano, il Piccolo Teatro di Milano presenta una serata ideata e condotta da Concita De Gregorio su simboli, amori, voci e misteri, a partire dall’incontro fra Pasolini e Callas sul set di Medea. Un dialogo con la didatta e filosofa della musica Francesca della Monica, lo psicoterapeuta e filosofo Umberto Galimberti, il drammaturgo e scrittore Petros Markaris e l’artista Francesco Vezzoli.
L'evento si intitola Callas Pasolini: il mistero della voce, il mistero dell’amore e si svolge alle ore 20.30 al Teatro Grassi (via Rovello), a ingresso gratuito fino a esaurimento posti previa iscrizione on line.
Sotto coperta l’Edipo Re, leggendaria barca che fu di Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Zigaina, ha due sole minuscole cabine. Grandi appena più del lettino che contengono. Le porte sono una di fronte all’altra, separate da un corridoio di pochi centimetri, la metà di un passo. Una terza porta è quella del piccolo bagno in comune. Tra il luglio e l’agosto del 1969, durante le riprese di Medea a Grado, Pasolini - il regista - e Maria Callas - la protagonista del film - dormirono lì. Loro due da soli, ogni notte. Si amavano di amori diversi.
Lei, racconta Dacia Maraini, era sicura che lo avrebbe cambiato, così diceva in quel suo modo un po’ infantile di esprimersi: che sarebbero infine divenuti una coppia. Lui amava l’incanto e il mistero di quella donna minuta dalla voce pigolante che in scena, improvvisamente, diventava immensa e tonante. Amava la sua fragilità e la sua potenza. Dove abita, quella voce - si domandava - da dove scaturisce, che cos’è. Lei gli lasciava fare tutto ciò che lui le chiedeva, in scena: persino restare sempre in silenzio, orbata del suo maggior talento. Lo aspettava. Era certa che lui sarebbe arrivato da lei ma non aveva, per formazione e cultura, lo spirito di iniziativa di andare lei da lui. Non si fa, diceva. Le donne non possono. Dunque aspettava, e aspettava ancora che fosse lui a fare quel passo, la metà di un passo, da cuccetta a cuccetta.
Il corridoio mai attraversato è il piccolo frammento di due immense vite che vengono raccontate al Teatro Grassi La storia di quei due mesi: sessanta giorni che custodiscono un almanacco di simboli, di incantamenti e di misteri. Callas e Pasolini, quasi coetanei (lui del 1922, lei del 1923) si conoscono a metà della vita e si ri-conoscono. La difficoltà del vivere in un mondo in cui tutti li guardano e nessuno davvero li vede. I dolori, i disamori, le illusioni e gli abbandoni: lei reduce da Onassis, lui da Ninetto Davoli.
Anche Medea, del resto, è in prima istanza una donna abbandonata. Ma la solitudine, nel caso di Callas e Pasolini, non è la conseguenza della fine di una storia d’amore: è una condizione che li connota, li convoca. Il segreto delle voci - così sottili, nella vita quotidiana, e acute, in entrambi i casi - e poi invece enormi, incommensurate: lei in scena, lui nella scrittura. Destinati entrambi a incarnare la tragedia, a replicarne gli archetipi, a morire a cinquant’anni (lui a 53, lei a 54, poco dopo di lui). A diventare simboli - dunque immortali - non solo del Novecento.