Lei, racconta Dacia Maraini, era sicura che lo avrebbe cambiato, così diceva in quel suo modo un po’ infantile di esprimersi: che sarebbero infine divenuti una coppia. Lui amava l’incanto e il mistero di quella donna minuta dalla voce pigolante che in scena, improvvisamente, diventava immensa e tonante. Amava la sua fragilità e la sua potenza. Dove abita, quella voce - si domandava - da dove scaturisce, che cos’è. Lei gli lasciava fare tutto ciò che lui le chiedeva, in scena: persino restare sempre in silenzio, orbata del suo maggior talento. Lo aspettava. Era certa che lui sarebbe arrivato da lei ma non aveva, per formazione e cultura, lo spirito di iniziativa di andare lei da lui. Non si fa, diceva. Le donne non possono. Dunque aspettava, e aspettava ancora che fosse lui a fare quel passo, la metà di un passo, da cuccetta a cuccetta.
Il corridoio mai attraversato è il piccolo frammento di due immense vite che vengono raccontate al Teatro Grassi La storia di quei due mesi: sessanta giorni che custodiscono un almanacco di simboli, di incantamenti e di misteri. Callas e Pasolini, quasi coetanei (lui del 1922, lei del 1923) si conoscono a metà della vita e si ri-conoscono. La difficoltà del vivere in un mondo in cui tutti li guardano e nessuno davvero li vede. I dolori, i disamori, le illusioni e gli abbandoni: lei reduce da Onassis, lui da Ninetto Davoli.
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