Nelle opere di Chiara Baima Poma (Cuorgnè, 1990) - tele in cui tecnica pittorica e stile richiamano l’arte medievale e rinascimentale italiana - passato e presente, luoghi familiari ed esotici, realtà e sogno si uniscono. I suoi lavori rendono omaggio ad una pluralità di canoni estetici che si ritrovano ad esempio in Giocare col fuoco e Piangere sul latte versato tratte dalla serie Modi di dire. Queste tele esaltano una bellezza fuori dagli schemi attraverso il contrasto tra la bidimensionalità del supporto e la fisicità dei corpi accompagnata spesso da uno sguardo a tratti malinconico.
Irene Balia (Iglesias, 1985) trae ispirazione da canzoni, poesie, avvenimenti quotidiani, oltre che da tradizioni che appartengono alla sua terra natia, la Sardegna. Proprio a una di queste fa riferimento l’opera in mostra La fumigazione in cui l’autrice racconta di un rituale tramandato di generazione in generazione allo scopo di combattere lo spavento: una donna taglia via quattro ciocche di capelli dando loro fuoco, bruciando letteralmente la paura e allontanando il trauma derivato da uno spavento o un grande dispiacere.
Loredana Galante (Genova, 1970) espone i suoi delicatiricami: una pratica da sempre legata al mondo della donna, appannaggio femminile anche nel romanzo di Margaret Atwood, che nell’artista genovese diventa tecnica per un racconto contemporaneo: quello dellanegazione dell’esposizione del corpo, la costrizione quasi costante a coprirsi, il non poter parlare liberamente della sessualità per non essere giudicate poco eleganti. Nelle opere di Galante le protagoniste sono orgogliose della loro bellezza e della loro fisicità, rivendicando il diritto a mostrarsi, esprimersi, spogliarsi, essere.
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