Qual è la storia del Povero Piero? Si tramanda che il fantoccio rappresentasse un fattore o un proprietario terriero deriso fino al rogo durante una rivolta contadina. Dalla leggenda all’allegoria il passo è breve e negli anni diversi fastidii si sono identificati nel gigante da ardere. Nell’Ottocento, imbottito di paglia, il fantoccio veniva bruciato su una pira al sagrato di san Rocco; negli anni Venti il rogo venne trasportato in Valverde (davanti al Castello) e quindi ai giorni nostri lungo l’Adda. Il nome? Una scelta anticlericale di fine Ottocento battezzò il pupazzo Povero Piero: lo vestirono di nero, incenerendolo il sabato sera seguente al Martedì Grasso alla fine del carnevale di Rito Romano. L’accusa era precisa: non alla religione, ma al clero che, infatti, contrastò l’iniziativa sacrilega.
I trezzesi imperterriti continuarono la tradizione quasi ininterrottamente fino ai giorni nostri quando il Povero Piero non è più ovviamente una bandiera polemica, ma un perfetto esempio di tradizione popolare tramandata nei secoli. Dal 1976 il Povero Piero è il simbolo del carnevale trezzese e delle sue origini aggressive mantiene oggi solo una vena satirica di attualità.