Attenzione, la mostra è prorogata al 5 maggio 2024!
Milano, 10/02/2024.
Undici anni consecutivi fianco a fianco con uno dei più grandi gruppi rock di sempre e a stretto contatto con colui che ancora oggi è considerato il migliore frontman di ogni tempo: quello tra Peter Hince e i Queen è stato un legame pazzesco, andato avanti ininterrottamente dal 1975, l'anno di Bohemian Rhapsody, fino al 1986, che ha segnato la fine dell'attività live della band di Freddie Mercury.
La sua storia - e quella della band - è ora raccontata visivamente a Milano nella mostra Queen Unseen, visitabile dall'8 febbraio al 21 aprile 2024 presso la Fondazione Matalon (Foro Buonaparte 67). L'esposizione comprende un centinaio di fotografie di Peter Hince, oltre a diversi cimeli legati ai Queen, per la maggior parte messi a disposizione dal collezionista Niccolò Chimenti (ma c'è anche un microfono di Freddie Mercury fornito personalmente da Hince e mai esposto prima).
Peter Hince incontrò per la prima volta gli allora semisconosciuti Queen mentre erano il gruppo di supporto del tour di Mott The Hoople e poco dopo, nel 1975, cominciò a lavorare per loro in qualità di roadie, divenendo in breve tempo il fidato responsabile di strumenti e soundcheck, nonché l'assistente personale di Freddie Mercury e del bassista John Deacon. «Nei primissimi tempi non potevo ancora rendemi conto di avere a che fare con una band che avrebbe fatto la storia del rock, ma iniziai a capire la loro grandezza la volta in cui Freddie iniziò a suonare al pianoforte una nuova canzone: Bohemian Rhapsody».
Ratty - questo il nomignolo che gli era stato affibbiato - nel tempo consolidò un rapporto sempre più stretto con i membri dei Queen: anche con Brian May e Roger Taylor, ma soprattutto con Freddie e John, per i quali accordava gli strumenti ed era sempre a disposizione accanto al palco. Proprio così: Peter Hince si è praticamente goduto centinaia di live dei Queen da una posizione a dir poco esclusiva, compresi gli unici due concerti italiani della band (il 14 e 15 settembre 1984 al Palazzo dello Sport di Milano) e l'indimenticabile esperienza dei Live Aid. «Ma quello era il mio lavoro e dovevo far sì che tutto filasse liscio, ero responsabile che non ci fossero intoppi», spiega, a sottolineare il lato gravoso del suo mestiere.
In tutti questi anni Hince ha coltivato la passione per la fotografia, immortalando la band sia in concerto, sia - soprattutto - fuori dal palco. Grazie alla sua discrezione, gli era concesso scattare in contesti a cui nessun altro fotografo avrebbe potuto avere accesso: le sue sono fotografie intime, magari realizzate durante la nascita di una canzone, dietro le quinte di un videoclip oppure durante un momento di relax. Come quella che è considerata «la prima foto di Freddie con i baffi: una Polaroid scattata ai Musicland Studios di Monaco di Baviera nel 1980 in un attimo di pausa durante le registrazioni dell'album The Game». Oppure, dello stesso periodo, quelle che ritraggono Roger Taylor, John Deacon e Brian May concentrati a giocare a flipper nei sotterranei degli studi di registrazione: «invece Freddie non amava il flipper, diceva che era un gioco stupido: lui preferiva il ping pong ed era davvero fortissimo, batteva sempre tutti sia con la mano destra, sia con la sinistra».
Il rapporto tra Peter Hince e i quattro musicisti era di totale «fiducia e rispetto», per cui le immagini in mostra costituiscono realmente un accesso privilegiato e in gran parte inedito al mondo dei Queen: «eravamo davvero una grande famiglia», ricorda. Innumerevoli i momenti salienti della carriera della band immortalati da Ratty ed esposti in mostra: le riprese del videoclip di We Will Rock You, ad esempio, girato in mezzo alla neve nel giardino di Roger Taylor nel 1977 («quel giorno si gelava e dovetti prestare a Freddie prima i miei guanti gialli da roadie e poi anche i miei occhiali, visto che voleva nascondere gli occhi segnati dal cognac che continuava a bere per riscaldarsi»); oppure lo storico tour in Argentina e Brasile del 1981 («i Queen sono stati la prima band occidentale a suonare negli stadi del Sud America e allora il clima era a dir poco pericoloso e terrificante [in entrambi i paesi in quel periodo vigeva la dittatura, ndr]»); o ancora il backstage dell'iconico videoclip di I want to break free del 1984 («dove i Queen erano ironicamente travestiti dalle protagoniste della soap opera britannica Coronation Street e che costò loro la censura negli Stati Uniti»).
Dopo il 1986 Peter Hince lasciò i Queen per intraprendere la carriera di fotografo pubblicitario, sebbene a volte - in occasioni meno frequenti e più ufficiali - continuò a fotografarli per immagini destinate a poster e materiale promozionale: è il caso, nel 1987, del progetto solista di Freddie Mercury The Great Pretender, documentato in mostra da alcune immagini di backstage del videoclip (tra cui una in cui si sta rasando i famosi baffi). A tre anni dopo risale invece il suo ultimo incontro con il cantante: «ricordo ancora bene l'ultima volta che vidi Freddie Mercury», racconta Ratty, «era un anno prima della sua morte in un club di Soho, a Londra, in occasione del party per i 20 anni dei Queen a cui ero stato invitato. Mi vide da lontano, mi raggiunse e mi abbracciò forte».
Se oggi i Queen esistessero ancora cosa farebbero? «Sicuramente come gruppo avrebbero continuato a fare musica insieme, ma non sul palco: superati i 40 anni Freddie si era stancato di fare concerti. Magari a lui, oltre a scrivere canzoni, sarebbe piaciuto occuparsi di musical o di teatro: avrebbe comunque continuato a dare ampio sfogo alla sua creatività. A Freddie penso ogni giorno, è stato di grande ispirazione per la mia vita e per il mio lavoro: era estremamente professionale, ma anche divertente, generoso, con un grande senso dell'umorismo. E poi nel privato era timido e riservato, molto diverso da come appariva sul palco: era un uomo come tutti, a cui ogni tanto il suo personaggio andava stretto. A volte entrava in studio e diceva Oggi non voglio essere Freddie Mercury».
La mostra Queen Unseen alla Fondazione Matalon include, oltre alle foto di Peter Hince, diversi cimeli originali della band: una t-shirt appartenuta a Freddie Mercury, ad esempio, ma anche un polsino da lui stesso indossato durante il tour del 1982; il microfono utilizzato nell'ultimo concerto a Knewborth nel 1986; una chitarra e un piatto della batteria autografati rispettivamente da Brian May e Roger Taylor; e poi dischi firmati dai Queen al completo, una tuta bianca utilizzata per le riprese del videoclip di Radio Ga Ga nel 1984, e ancora backstage pass, poster promozionali e molto altro.
Gli orari di apertura della mostra sono dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00), mentre i biglietti costano 18 euro (ridotto 12 euro; ingresso gratuito per bambini fino a 14 anni e disabili). Per info 02 878781.
E non è finita: Queen Unseen prosegue presso l'Hard Rock Cafe di Milano (via Dante 5), dove sono esposti una ulteriore selezione di foto di Peter Hince e alcuni altri cimeli: chi fa un acquisto allo shop dell'Hard Rock ha diritto al biglietto ridotto per vedere la mostra alla Fondazione Matalon, mentre chi si presenta con il ticket della mostra può avere uno sconto al negozio dell'Hard Rock.