Il progetto espositivo si dipana in sei sezioni, seguendo il fil rouge della ricerca e dello studio della forma. La prima sezione introduce una selezione di opere realizzate da Picasso nel 1906 sotto l’influenza dell’arte dell’antico Egitto e delle sculture iberiche, assieme a idoli iberici da lui stesso collezionati (tra questi una scultura Hemba). La seconda ospita invece 26 disegni del quaderno n.7 di Les Demoiselles d’Avignon e il celebre dipinto Femme nue: intuitivamente, questa sezione percorre il passaggio di Picasso al Cubismo, con una tendenza alla geometrizzazione delle forme.
In una terza sezione vengono esposte alcune figure dal 1908 al 1917, tra cui una scultura tribale (Chamba) che va a mostrare in maniera diretta la connessione con il Cubismo e con le opere cubiste di Picasso. Una quarta sezione, intitolata Dagli anni ’20 alla Seconda Guerra Mondiale, svela in maniera esplicita la permanenza nell’opera di Picasso degli stilemi formali ereditati dall’arte dei popoli africani, merito anche della scultura Igbo Alusi, che dialoga con la scultura di Picasso che introduce questa sezione.
La quinta sezione incarna il titolo dell’esposizione e va a rappresentare la metamorfosi della figura, termine coniato dallo stesso Picasso per raccontare tutte le rappresentazioni di forme morbide o tettoniche, biomorfe o massicce, organiche e casuali, non imitative e decisamente lontane dall’illusione e dalla rappresentazione mimetica. Infine, in una sesta sezione, l’omaggio arriva direttamente da artisti africani contemporanei che hanno riconosciuto l’importanza dell’artista spagnolo per la loro arte. Romual Hazoumé, Gonçalo Mabunda e Cheri Samba sono tre tra gli artisti che più di tutti hanno dimostrato il riconoscimento di Picasso come il principale interprete dei fondamenti espressivi del continente africano.
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