«Esporre oggi Brassaï significa rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici», afferma il curatore della mostra Philippe Ribeyrolles: «significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come il suo connazionale André Kertész. Quest’ultimo esercitò una notevole influenza sui fotografi che lo circondavano, tra cui lo stesso Brassaï e Robert Doisneau».
Brassaï appartiene a quella scuola francese di fotografia definita umanista, per la presenza essenziale di donne, uomini e bambini all’interno dei suoi scatti, sebbene riassumere il suo lavoro solo sotto questo aspetto sarebbe riduttivo. Oltre alla fotografia di soggetto, la sua esplorazione dei muri di Parigi e dei loro innumerevoli graffiti testimonia il legame di Brassaï con le arti marginali e l’art brut di Jean Dubuffet. Nel corso della sua carriera il suo originale lavoro venne notato da Edward Steichen, che lo invitò a esporre al MoMa di New York nel 1956: la mostra Language 3 of the Wall. Parisian Graffiti Photographed by Brassaï riscosse un enorme successo.
I legami di Brassaï con l’America si concretizzarono anche in una assidua collaborazione con la rivista Harper’s Bazaar, di cui Aleksej Brodovič fu il rivoluzionario direttore artistico dal 1934 al 1958. Per Harper’s Bazaar il fotografo ritrasse molti protagonisti della vita artistica e letteraria francese, con i quali era solito socializzare. I soggetti ritratti in quest’occasione vennero poi pubblicati nel volume Les artistes de ma vie, del 1982, due anni prima della sua scomparsa. Brassaï morì infatti il 7 luglio 1984, subito dopo aver terminato la redazione di un libro su Proust al quale aveva dedicato diversi anni della sua vita. È sepolto nel cimitero di Montparnasse, nel cuore della Parigi che ha celebrato per mezzo secolo.
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