La mostra si sviluppa su tre piani che si intrecciano (The Dorian Gray Paradox, The Digital Beyond, The Digital Human) alle quali fa da controcanto una riflessione critica che accompagna il visitatore lungo tutto il percorso di fruizione. In The Dorian Gray Paradox si tocca il tema della beautification, ossia dell’uso della tecnologia per rappresentarsi attraverso il digitale nella versione che si considera migliore di sé; The Digital Beyond, invece, tratta il concetto di immortalità e dell’esistenza oltre se stessi; The Digital Human, infine, riflette la ricerca dell’individuo di trascendere i limiti dell’esistenza fisica attraversola tecnologia, suscitando profonde domande sull'identità, sull'etica e sulla natura dell'umanità stessa.
Si parte, per esempio, dal lavoro di Inès Alpha, dove il visitatore - grazie all’Augmented Reality Filter - si può specchiare nelle sculture di Esmay Wagemans e può vedere il proprio ritratto trasformato dal filtro che diventa parte integrante dell’opera. Fino ad arrivare alla sala immersiva con l’installazione interattiva di Chris Salter, dove l’immagine frontale di ogni visitatore viene catturata da una telecamera e, grazie all'apprendimento automatico, trasformata in pochi secondi da un'immagine 2D in una figura tridimensionale e dinamica che viene proiettata in tempo realesulle pareti della sala, andando a comporre una folla di individui immateriali, che si muovono, volano e interagiscono tra loro per tutta la durata della mostra.
A chiudere l’esposizione, un lavoro di Mauro Martino dal titolo L’immortalità del pensiero: una riflessione sul fatto che, in questa ricerca di una giovinezza continua, sono la mente, il cervello e la creatività dell’uomo a dover rimanere giovani, non l’aspetto fisico.
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