Il fulcro della sua pratica filosofica, artistica e attivista è il concetto di lotta permanente contro il razzismo, la xenofobia, l’ingiustizia sociale e l’odio. In quanto artista donna e filosofa, il lavoro di Adrian Piper restituisce anche le sue esperienze relative al sessismo e alla misoginia subiti. In questo senso la sua ricerca ha ispirato intere generazioni di artiste contemporanee.
Risultato di un lavoro di ricerca e di indagine senza precedenti, iniziato nel 2019, la mostra riunisce oltre 100 opere tra installazioni, video, fotografie, dipinti e disegni dalle quali emerge l’analisi della patologia visiva del razzismo e l’immagine delle persone afroamericane determinata dalla società e dai tanti stereotipi diffusi. Un’indagine mirata sui temi particolari della razza e del genere, contestualizzati dalle pratiche formali dell’arte minimale e concettuale che la produzione di Adrian Piper degli esordi ha portato verso questi temi, e che ora l’artista considera come un’arma a doppio taglio: il suo approccio alla lotta al razzismo americano è anche parte del processo di liberazione di se stessa e della sua persona dalla morsa malata della razza che ha sperimentato consapevolmente per la prima volta quando ha iniziato l'istruzione superiore negli Stati Uniti. In quanto artista donna e filosofa, il lavoro di Adrian Piper restituisce inoltre le esperienze relative al sessismo e alla misoginia subite. In questo senso la sua ricerca ha ispirato intere generazioni di artiste contemporanee.
Il percoso si apre con gli Lsd Paintings, disegni e opere pittoriche figurative realizzate in giovanissima età, ancor prima di arrivare alla School of Visual Arts di New York, che testimoniano il tentativo di guardare oltre la superficie delle cose, pratica che Piper ha perseguito sin da subito anche attraverso la frequentazione di letture filosofiche e spirituali vediche, la meditazione e lo yoga. La concentrazione profonda sul soggetto porta a far vibrare le superfici fino a frammentarle come accade per esempio in Lsd Self-Portrait from the Inside Out. Il nesso con la controcultura degli anni Sessanta, che l’artista frequentava in quel periodo, è evidente nel trittico dedicato ad Alice in Wonderland: un esplicito richiamo all’ambiente dell’epoca, nel quale l’opera letteraria di Lewis Carroll era particolarmente apprezzata.
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