Tra Sergio Endrigo nell’Arca di Noè e il rospo ululone, il Rondone di Eugenio Montale e la pernice bianca, Franco Battiato con il suo Cerco un centro di gravità permanente, la quaglia tridattila e la lucertola blu dei faraglioni di Capri, il pubblico scopre una fauna che si riprende i suoi spazi, come se si autodeterminasse in una nuova Arca di Noè. E si rende conto che camminiamo sopra un tesoro, che stiamo dilapidando a forza di consumare il suolo, di cementificare, imbrigliare i fiumi, di inquinare. Il riscaldamento climatico peggiora la situazione, anche se le piante e gli animali si stanno adattando, salendo in quota, e spostandosi.
Allegro Bestiale non è un racconto apocalittico e catastrofista. Al contrario, è un invito a pensare alle interconnessioni tra noi e tutti gli altri esseri viventi, in particolare in Italia, dove la diversità biologica è altissima ma lo è anche quella culturale: dei cibi, dei dialetti, delle tradizioni. Dentro la biodiversità si nascondono un sacco di suggerimenti su nuovi cibi, nuovi farmaci, nuovi bio-materiali sostenibili. Difendere la biodiversità è anche una questione di giustizia verso le generazioni future, che rischiano di ritrovarsi in un’Italia più povera, più instabile, più difficile da vivere.
Allegro Bestiale, oltre ad essere un atto d’accusa contro l’Homo, poco, ma molto poco, sapiens, è uno strampalato viaggio alla scoperta di quale sarà il futuro (che è molto più prossimo di quel che si pensa). Lo spettacolo si costruisce su una unitarietà tra musica suonata dal vivo, uso improprio degli strumenti musicali che si iperbolizzano fino a diventare animali, narrazioni scientifiche e poetiche con una forte vena umoristica e immagini sia fisiche che in video.