Dal 26 giugno al 15 settembre 2024 presso il Pac - Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano (via Palestro 14) è aperta al pubblico la mostra Andante con moto di Liliana Moro (Milano 1961), a cura di Letizia Ragaglia e Diego Sileo.
Coprodotto con il Kunstmuseum Liechtenstein, il progetto vede protagonista Liliana Moro nella sua città d’origine e racconta la sua ricerca artistica con una selezione di lavori storici dagli anni Ottanta a oggi, alcuni dei quali riallestiti per la prima volta in questa occasione e altri inediti ideati appositamente per gli spazi del Pac.
Andante con moto indaga nello specifico un aspetto fondamentale del lavoro di Liliana Moro, il suono, che viene evocato già a partire dal titolo. Nel percorso espositivo il suono diventa materia. Le opere di Moro non sono fatte per essere contemplate, ma coinvolgono il pubblico e lo invitano a porsi in ascolto, chinarsi, girare attorno a uno spazio, alzare lo sguardo, camminare su vetri rotti.
La produzione artistica di Liliana Moro ha conosciuto diverse fasi e ha esplorato differenti mezzi espressivi oltre al suono, come le parole, la scultura, la performance, il disegno, il collage, con una particolare attenzione allo spazio. Le opere dell’artista sono spesso composte a partire da oggetti e situazioni quotidiane e invitano lo spettatore a guardare oltre ciò che è solo apparentemente ovvio. Un mondo che mette in scena una realtà allo stesso tempo cruda e poetica. La dimensione politica ha un carattere di rilievo nella ricerca di Moro ma non si traduce in illustrazione di contenuti, al contrario riguarda la modalità di relazione con lo spettatore.
Varcata la soglia del Pac, ancora prima di accedere alle sale espositive, è allestita l’opera Senza fine (2010): una pioggia sonora investe il visitatore attraverso una tromba acustica che riproduce venticinque versioni di Bella Ciao montate dall’artista in un loop continuo. A dare avvio al percorso espositivo è una foto scattata dalla stessa Liliana Moro - e qui riprodotta su wallpaper - che sintetizza due elementi fondanti del progetto: la città di Milano attraverso una veduta di via Breda degli anni Ottanta, scattata dal balcone della sua casa, e il suono attraverso l’immagine di un microfono che diventa un invito ad ascoltare le voci della città. Sul pavimento della stessa sala è disposto il lavoro In No Time (2024): una coperta di pile color giallo stradale arrotolata e chiusa da due cinghie rosse che emana il rumore discontinuo di una goccia che cade in modo non ritmico. L’artista invita qui a prendersi cura di ciò che si ha davanti non solo con la vista ma anche con l’udito.
Da una suggestione legata ai viaggi, alle migrazioni, ai nomadismi nasce l’installazione Le nomadi (2023), composta da una serie di zaini dai quali fuoriescono voci femminili: ogni zaino rappresenta un’esistenza che racchiude e porta con sé tutto ciò che le è essenziale, inclusa la voce. Ogni elemento della composizione ha un nome di donna ispirato alle diverse figure femminili che hanno influenzato l’artista nella sua formazione, come ad esempio Maria con le più famose arie intonate da Maria Callas.
Con Moi (2012) il visitatore è invitato a entrare nell’opera composta da dodici casse acustiche disposte in cerchio. Il testo diffuso è letto dall’artista stessa ed è una breve sintesi della sua performance del 1997 Studio per un probabile equilibrio in movimento. Lungo il percorso si trova l’opera La passeggiata (1988), una serie di pattini a rotelle privi di lacci e legati tra loro da catene che ne impediscono il roteare: il lavoro è stato realizzato nel 1988 per la collettiva Politica del, per e riguardante il cittadino, la prima mostra di Moro in uno spazio pubblico.
Sulle pareti esterne alle sale è allestita l’opera E le stelle stanno a guardare (2008-2009): l’artista ha raccolto per un intero anno, da settembre 2008 a settembre 2009, i numeri del settimanale italiano Internazionale, affiancando alla copertina di ogni numero l’oroscopo del proprio segno zodiacale, il Capricorno, pubblicato di volta in volta nella rubrica curata da Rob Berzensky nel medesimo giornale.
Il suono è nuovamente protagonista dell’opera “ ” (2001). Il rumore dei passi su un pavimento ricoperto di cocci di vetro che si sgretolano a ogni movimento riempie lo spazio della stanza con il loro rumore e quello dei visitatori. L’atto di appropriarsi di uno spazio torna più volte nella pratica di Liliana Moro. L’installazione Spazio libero (1989) viene finalmente riproposta dopo oltre trent’anni: ispirata ai cartelloni pubblicitari sfitti che, nell’idea dell’artista, restituiscono un senso di libertà, possibilità e apertura, l’opera anticipa l’utilizzo dell’elemento verbale nel suo lavoro, che da questo momento in avanti diventerà un ambito di indagine importante, tramutandosi in scritte luminose al neon. Nella stessa sala, Avvinghiatissimi (1992) rappresenta simbolicamente un abbraccio struggente e al contempo commovente: una serie di fogli in gommaspugna stretti da cinghie rosse e ai lati due casse acustiche che diffondono il tango di Astor Piazzolla Regreso al amor.
Nel suo lavoro, Liliana Moro si è spesso interessata al mondo animale, con grande rispetto e un’attenzione volta a ribaltare il senso di superiorità con cui l’essere umano si relaziona alle altre specie. Con In onda (2021) il visitatore si ritrova isolato in un ambiente completamente buio riempito solo da suoni registrati nel profondo del mare che riproducono le voci e i rumori emessi dai pesci sott’acqua, ponendo l’attenzione sull’inquinamento acustico dei mari che ne sta pericolosamente alterando la fauna.
La zona del Pac con le grandi vetrate luminose ospita l’installazione Spazi (2019) che raggruppa tutte le maquettes realizzate da Liliana Moro per le sue esposizioni personali a partire dagli anni Novanta, svelando con accuratezza e precisione il modo in cui è stata sempre concepita la relazione tra opere e ambiente nel lavoro dell’artista.
La mostra si conclude al primo piano con Andante con moto (2023), opera esposta per la prima volta al Kunstmuseum di Vaduz. Tre casse acustiche emettono la voce dell’artista mentre legge L’ultimo nastro di Krapp, opera teatrale del 1958 di Samuel Beckett, in parte modificata con l’aggiunta di alcune porzioni, suoni e rumori registrati da Moro. Fanno parte dell’installazione anche una buccia di banana e una banana gigante in cemento, frutto presente anche nel dramma teatrale, come se Moro avesse tratto un’immagine dal testo e l’avesse ingrandita. Un omaggio al lavoro del celebre drammaturgo particolarmente significativo per la sua formazione.
Il percorso espositivo al Pac si riallaccia idealmente con Sundown (2022), opera site specific che Liliana Moro ha realizzato per il parco di sculture di CityLife di Milano. L’installazione è costituita da una serie di sedie in bronzo disposte in modo che sedendosi sia possibile guardare il panorama a ovest e nel contempo ascoltare in diretta Rai Radio 3 tramite una tromba acustica. Al tramonto la trasmissione si interrompe e viene sostituita da un allarme che invita il pubblico a dedicare la propria attenzione allo spettacolo del calare del sole.
La mostra è visitabile nei seguenti orari di apertura: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.30; giovedì dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso. Biglietti (comprensivi di visita alla Project Room di Alice Guareschi Je m’appelle Olympia): intero 8 euro, ridotto 6,50 euro per visitatori da 6 a 26 anni, over 65 e disabili; ridotto speciale 4 euro ogni giovedì dopo le 18.30; ingresso gratuito per bambini di età inferiore ai 6 anni e accompagnatori di disabili. Per info 02 88446359.