Milano, 06/08/2024.
Il lago Gerundo era un vasto bacino situato tra le attuali province di Lodi, Cremona e Bergamo, formatosi durante il Pleistocene a seguito del ritiro dei ghiacciai. Uno specchio d’acqua profondo 10 metri che si estendeva per oltre 200 km e che scomparve a partire dal XII secolo d.C. per via delle opere di bonifica che avrebbero nel tempo resa fertile la regione; probabilmente alimentato dai fiumi vicini, dava vita a una sonnacchiosa combinazione di molli e paludosi acquitrini.
Le saghe locali raccontano che Taranta (piccola frazione del comune di Cassano d’Adda) diede i natali al mostro che abitava il Lago Gerundo e terrorizzava la gente con i suoi miasmi velenosi. Tarantasio sarebbe stato una sorta di drago con effigie di serpente, due zampe e due ali, affamato di bambini e ammorbatore della popolazione. La fiera sarebbe stata sconfitta vicino a Bergamo da Uberto Visconti, un nobile il cui coraggioso colpo di sciabola liberò dall’incubo il territorio. Per commemorare questa vittoria, la famiglia Visconti adottò l'immagine del drago a spirale con un bimbo in bocca come stemma di famiglia, un simbolo che si può ancora rintracciare sulle mura di molti storici edifici meneghini. Pure il bassorilievo in basso alla destra dell’ingresso del Duomo ci mostra un piccolo drago e a noi piace pensare si tratti di una versione edulcorata di quello del Gerundo.
Secondo la tradizione, alcuni resti del drago furono conservati nelle chiese locali. Molti sono andati persi, ma diverse costole di Tarantasio sarebbero rintracciabili ancora oggi, ad esempio presso la Chiesa di San Bassiano a Pizzighettone o nel Santuario della Beata Vergine a Sombreno, in provincia di Bergamo. Anche se queste ossa sono state identificate come appartenenti a grandi cetacei o a mammut, la loro conservazione in luoghi di culto rimanda sinistramente alla leggenda.
Il lago Gerundo e la storia di Tarantasio sono divenuti nei secoli simboli della lotta contro le ataviche forze primordiali e della determinazione dei lombardi nel domare il loro territorio. La reminiscenza del drago rappresenta una componente della cultura e del folklore autoctoni che comprova come spesso mito e realtà storica si intreccino per formare l'identità di un luogo. Il biscione è, come si diceva, l’emblema dei Visconti e ricorre nei loghi del gruppo Fininvest, dell’Alfa Romeo, dell’Inter e nell’iconografia di un’infinità di vie e angoli della capitale milanese.
Quello che ben pochi sanno, invece, è che lo scultore Luigi Broggini si ispirò alla leggenda del drago per disegnare nel 1952 il celeberrimo logo dell’Eni: un cane sputafuoco a sei zampe. Il motivo? Nel 1944 venne scoperto un primo giacimento di gas metano a Caviaga, puzzolente come non mai per via di una pestilenziale miscela di residui fossili e terreni molli: la zona era proprio quella del Gerundo. Il mefitico alito del Tarantasio evidentemente aleggiava ancora nel Lodigiano e oltre.
Di Enrico Pietra