Martedì primo ottobre 2024, alle ore 18.15, presso la Sala Aldo Bussetti della Pinacoteca di Brera di Milano (via Brera 28), Vittorio Feltri presenta il libro Il latino lingua immortale: perché è più vivo che mai. Presenta Angelo Crespi; intervengono monsignor Giulio Dellavite, Daniele Capezzone e Luigi Mascheroni. Modera Melania Rizzoli.
Esistono innumerevoli parole ed espressioni che fanno parte del linguaggio quotidiano e che spesso, erroneamente, si considerano una recentissima acquisizione dalla lingua inglese. Quando ci si siede davanti a un monitor, magari per seguire le lezioni di un tutor o per aggiornarsi sull’andamento dell’ultimo summit internazionale attraverso i mass-media, ci si sente all’avanguardia e fieri di avere grande dimestichezza con il mondo anglosassone, dimenticando che tanta «modernità» è dovuta al latino.
Nell’insolita veste di cultore di una lingua con la quale ha avuto l’opportunità di confrontarsi fin da giovanissimo, Vittorio Feltri risale alle origini di vocaboli e locuzioni di uso comune, illustrandone la genesi e il significato talvolta travisato nel corso del tempo. Molti resteranno forse delusi scoprendo che il celeberrimo alea iacta est - «il dado è tratto» attribuito a Cesare e da sempre usato per sottolineare con fare solenne l’irrevocabilità di una decisione presa - potrebbe essere frutto di un’errata trascrizione da Svetonio, e che la frase corretta (alea iacta esto, «si lanci il dado») era probabilmente un imperioso invito a gettare il cuore oltre l’ostacolo, in questo caso il Rubicone. Nelle pagine di Feltri trovano posto anche gli inevitabili e pungenti accenni all’oggi, sia con poco edificanti esempi di quanto siano attuali il do ut des e l’homo homini lupus, sia, per fortuna, con le storie di personaggi che dimostrano il valore del detto per aspera ad astra.
Al di là del tono ironico che sempre contraddistingue Vittorio Feltri, Il latino lingua immortale è in fondo un’appassionata dichiarazione d’amore per una lingua che, ben lungi dall’essere morta, dimostra ogni giorno, e lo farà ancora a lungo, la forza delle sue radici.