Valter Malosti in Shakespeare: Poemetti (Venere e Adone & Lo stupro di Lucrezia)

© Tommaso Le Pera
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DA Martedì19Novembre2024
A Domenica24Novembre2024

Dopo aver vinto nel 2009 il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro per lo spettacolo Shakespeare: Venere e Adone e aver diretto nel 2012 Lo stupro di Lucrezia (per il quale Alice Spisa ha ricevuto il Premio Ubu 2013 come Nuova Attrice Under 30), il direttore di Ert / Teatro Nazionale Valter Malosti ha visto pubblicare nel 2022 le sue traduzioni dei Poemetti di William Shakespeare nella prestigiosa Collezione Bianca di poesia di Einaudi.

Da martedì 19 a domenica 24 novembre 2024 (ore 20.00, tranne domenica ore 16.00) i Poemetti tornano sul palco in forma di concerto al Teatro Menotti di Milano (via Ciro Menotti 11, Milano): Malosti è in scena accanto al compositore e musicista Gup Alcaro (Premio Ubu 2023 per il Miglior Disegno del Suono in Lazarus), che firma ed esegue dal vivo il progetto sonoro.

Una versione in cui il regista e interprete amplifica l’alta densità musicale dei due spettacoli, trasfigurando la scena in un paesaggio acustico di grande suggestione, interamente creato dalla potenza della voce e del suono e pervaso dalla ricerca sulla lingua, sul ritmo, e la musica dell’originale shakespeariano. E, anche se nella versione italiana della musica shakespeariana si perde una percentuale altissima, il materiale che resta è da considerarsi un dono inestimabile. Per il grande poeta inglese Ted Hughes, autore del visionario saggio Shakespeare and The Goddess of Complete Being, i Poemetti sono la base in cui individuare idealmente tutta la strategia poetica e i fondamenti metafisici dell’intera opera shakespeariana.

Londra, anno 1593. La peste sta devastando la città, i teatri sono chiusi. William Shakespeare, senza lavoro, trova l’ispirazione, e un patrono: Henry Wriothesley, conte di Southampton. Ne viene fuori un piccolo capolavoro in versi su commissione: il poemetto erotico-mitologico Venere e Adone, che diventerà un grandissimo successo editoriale per l’epoca, ristampato innumerevoli volte fino alla metà del secolo successivo. Venere e Adone sfugge a qualsiasi definizione, poemetto comico eppure tragico, leggero e profondo, un furioso inno all’eros più carnale e ossessivo e un ammonimento contro la Lussuria. La dea che insegue Adone e lo desidera ardentemente, mentre lui le si rifiuta, rovescia certamente i canoni tipici della poesia d’amore. Venere è una dea/macchina, dea ex machina ma anche sex machine, macchina barocca che tritura suoni e sputa parole. Una macchina di baci, una macchina schizofrenica di travestimento, una macchina di morte per l’oggetto del suo amore: Adone.

L’anno successivo, con la peste che ancora infuria in città, Shakespeare riprende un episodio dell’antica storia romana: lo stupro di Lucrezia perpetrato da Sesto Tarquinio, figlio dell’ultimo re di Roma Tarquinio il Superbo (committente e dedicatario il medesimo conte di Southampton). Un atto di terribile violenza raccontato direttamente dalla voce della vittima che si dispiega in un lungo e altissimo flusso di coscienza, in una lunga catena di versi di una forza poetica e di una modernità davvero sconvolgenti. Ma a impressionare ulteriormente il lettore è l’acutissima indagine nella psiche del carnefice, la lucida radiografia dei suoi impulsi tortuosamente contradditori. Figura esemplare dell’antichità, Lucrezia scuote ancora oggi le nostre coscienze e il suo suicidio finale suscita vibranti polemiche e contrapposizioni lasciando senza una risposta ma con una miriade di domande.

I due Poemetti sembrano formare una specie di dittico simmetricamente contrappuntato, in cui la seconda tavola rovescia la prima: dallo sfondo di un paesaggio giorgionesco (e ariostesco) del primo, tutto en plein air e abitato da conigli, cani, cavalli e cinghiali, si passa ad un tragico notturno, immerso in una livida oscurità caravaggesca squarciata
dalla luce di una torcia. Nelle mani di Valter Malosti e Gup Alcaro i Poemetti diventano una sorta di doppia operina musicale: il montaggio fonico attinge alle fonti acustiche più disparate, ai suoni della quotidianità sovrapposti a frequenze elettroniche e distorsioni, filtrando il tutto con musica elisabettiana e contemporanea.

Venere e Adone e Lo stupro di Lucrezia sono anche le uniche opere di Shakespeare di cui il drammaturgo abbia curato personalmente la stampa, cosa mai accaduta né con le sue opere teatrali né con i più famosi Sonetti. Si possono dunque considerare come gli unici e certi originali di quell’autore dai contorni tuttora fascinosamente incerti che corrisponde al nome di William Shakespeare.

Biglietti (esclusi diritti di prevendita): intero 32 euro; ridotto 16 euro per under 14 e over 65. Sabato 23 novembre alle ore 18.00 è inoltre in programma un dialogo tra Valter Malosti e Maggie Rose, scrittrice e docente di Storia del teatro inglese e letteratura inglese presso l'Università degli Studi di Milano (ingresso libero). Per info 02 82873611.

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