Martedì 19 novembre 2024 alle ore 20.30 presso il ridotto della Sala Verdi del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano (via Conservatorio 12) va in scena il concerto del Takács Quartet, che celebra il suo 50° anniversario dalla fondazione al Quartetto di Milano con un programma in omaggio alla triade dei padri del genere del quartetto d’archi.
Nella scaletta del concerto il Quartetto in do maggiore op. 54 n. 2 Hob.III.57 di Franz Joseph Haydn viene affiancato al Quartetto n. 16 in fa maggiore op. 135 di Ludwig van Beethoven e al Quartetto n. 15 in re minore K 421 di Wolfgang Amadeus Mozart.
Vincitore di numerosi premi, il quartetto fondato nel 1975 alla Franz Liszt Academy di Budapest per iniziativa dei membri originari Gabor Takács-Nagy, Károly Schranz, Gabor Ormai e András Fejér, oggi formato da Edward Dusinberre, Harumi Rhodes (violini), Richard O’Neill (viola) e András Fejér (violoncello) ritorna al Quartetto a cinque anni dalla sua ultima performance esplorando l’evoluzione del quartetto d'archi attraverso l’opera dei maestri del Classicismo viennese: Haydn, Mozart e Beethoven.
Il Quartetto in do maggiore op. 54 n. 2 di Haydn, composto nel 1788, è un esempio della maturità compositiva del musicista, finalmente libero dal gioco degli obblighi della corte impostogli dagli Esterházy. In questo periodo Haydn consolidò la sua fama come padre del quartetto d’archi, mescolando nei suoi quattro movimenti semplicità e complessità, passando dal brillante tema iniziale alle modulazioni imprevedibili del Vivace, e per la solennità quasi religiosa dell’Adagio, fino al Presto finale, vivace e umoristico.
Il Quartetto K 421 in re minore di Mozart, scritto nel 1783 e dedicato all’amico e mentore Haydn, è l’unico in tonalità minore tra i sei quartetti dedicati al maestro. Scritto nel 1783, il K 421 si distingue per la sua forza espressiva e la profondità psicologica, rappresentando un esempio della transizione di Mozart verso uno stile più personale e innovativo nel campo della musica da camera. Nel tema siciliano dell’ultimo movimento, Mozart riesce a bilanciare dramma e risoluzione, lasciando un senso di ambiguità emotiva, che lo avvicina all’ultimo Beethoven.
Il Quartetto in fa maggiore op. 135 n. 16 di Beethoven, completato nel 1826, è l’ultimo dei quartetti del genio di Bonn e rappresenta un addio al genere che il compositore aveva rivoluzionato. Diversamente dai quartetti più sperimentali e complessi delle opere 130 e 131, l’op. 135 torna a una struttura più sobria e alla tonalità luminosa di fa maggiore. Tra ironia e leggerezza, il compositore alterna momenti di inquietudine e pacatezza, culminando nel motto finale Muss es sein? e alla sua vigorosa e assertiva risposta Es muss sein!, nell’ultimo movimento (Grave ma non troppo tratto – Allegro), che di tutti resta il più enigmatico. Questo quartetto conclusivo riflette la sintesi finale della poetica di Beethoven: la sua musica passa attraverso momenti di profonda introspezione, in un equilibrio perfetto tra semplicità e complessità, leggerezza e gravità.