Nella costruzione della mostra rappresentano un elemento cardine le didascalie, costituite da due lastre in acciaio zincato incise ricalcando la grafia dell’artista. Collocate all’altezza dello sguardo, non si limitano a fornire informazioni allo spettatore, ma si stagliano come una linea dell’orizzonte in un alternarsi di pieni e vuoti che ricorda le righe di un quaderno. Maloberti pensa alle didascalie anche come a una nuova opera, Incipit (2024), nella quale ciascun titolo rappresenta il principio di un libro mai scritto.
L’atto di ribaltare, frequente nella poetica dell’artista, caratterizza l’opera M (2024) in cui il gesto assume una specifica valenza politica. Il titolo è, infatti, un rimando alla M di Mussolini mentre la sua posizione capovolta emula il corpo del dittatore esibito in piazzale Loreto il 29 aprile 1945. Il cartello stradale che segna l’ingresso nella città di Milano riveste simbolicamente la funzione di porta, una soglia rovesciata e, dunque, inaccessibile al pubblico. Nella stessa sala, un insolito fregio decora la parete d’ingresso: Chance di un capolavoro (2024), titolo che riprende un’opera di Marco Mazzucconi del 1989. Qui l’artista neutralizza la pericolosità delle forbici - altro elemento ricorrente della sua pratica - con delicate piume d’oca bianche in un gesto di iperdecorativismo.
Maloberti interviene nuovamente sull’architettura dello spazio con l’opera Tilt (2024), dove un guardrail, che solitamente funge da dispositivo di sicurezza stradale, è qui incastonato su basamenti in marmo Bianco Altissimo Henraux, disegnando una curva dal profilo tagliente che obbliga lo spettatore a compiere un percorso prestabilito dall’artista. Spaventi sonori improvvisi, che evocano un passato primordiale, si propagano come un canto per tutti gli ambienti del Pac: una musica mai sentita prima è prodotta da uno strumento particolare, le canne di un fucile sono diventate flauti. L’opera video Metal Panic (2024) mostra come l’arte è in grado di trasformare la funzione originaria degli oggetti.
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