Io sono Leonor Fini, mostra visionaria e ribelle a Palazzo Reale: info, orari e biglietti

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Milano, 25/02/2025.

È aperta al pubblico dal 26 febbraio al 22 giugno 2025 presso le sale del piano terra di Palazzo Reale, a Milano in piazza del Duomo 12, la mostra Io sono Leonor Fini, una delle più rilevanti e complete retrospettive mai dedicate all’universo visionario e ribelle dell’artista italo-argentina Leonor Fini (Buenos Aires, 1907 – Parigi, 1996). Io sono Leonor Fini celebra l’eclettismo e il genio di un’artista poliedrica in un percorso intellettuale che intreccia Italia e Francia, ricostruendo le tappe principali della sua carriera artistica e le influenze che hanno plasmato la sua visione. A ispirare il titolo dell’esposizione una citazione della stessa Fini: «Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: Io sono», un’affermazione identitaria irrevocabile e potente che riflette la sua unicità personale e artistica, sempre coerente nello stile e nel pensiero.

Leonor Fini ha incarnato la libertà creativa e intellettuale dell’artista ribelle, lontana dalle convenzioni, che ha dato forma a un immaginario visivo e concettuale capace di parlare ancora oggi. Io sono Leonor FIni rappresenta un momento cruciale di riscoperta della figura dell’artista, restituendo nuova luce al suo lavoro e rivelandone il carattere più profondo, oggi più che mai attuale, grazie ai temi che ha affrontato e messo in discussione: dal genere all’identità, passando attraverso i modelli consolidati di famiglia, il maschile e il femminile. L’esposizione presenta oltre 100 opere tra dipinti, disegni, fotografie, costumi e video, scandite in un percorso di nove sezioni tematiche, e restituisce un ritratto completo dell’artista, testimoniando la versatilità della sua produzione, estranea a ogni classificazione rigida.

Spaziando dalla pittura alla moda, dalla letteratura al teatro  (in una delle sezioni sono esposti bozzetti, figurini ed un costume disegnato da Leonor Fini provenienti dall’archivio Storico Artistico del Teatro alla Scala), la mostra svela l’immaginario di Leonor Fini, a partire dagli incontri e dalle impressioni, a volte sconvolgenti, della prima giovinezza, attraverso gli anni della formazione tra Trieste, Milano e Parigi, dove Fini strinse relazioni durature con intellettuali e artisti che le indicarono la via della pittura. L'esposizione procede per temi ricorrenti nell’opera dell’artista, come il macabro e il minaccioso, il rapporto con la sessualità e la famiglia, la rappresentazione del corpo, e ancora l’interesse per gli aspetti rituali e i fenomeni di metamorfosi. Oltre alla pittura, Leonor Fini ha attraversato media e linguaggi differenti giocando con la sua immagine in un esercizio bizzarro e concettuale attorno al tema dell’identità.

L’esperienza di visita proposta dalla mostra gioca sin dal titolo con il tema dell’identificazione con la figura dirompente e poliedrica dell’artista: al termine del percorso espositivo il pubblico, accolto dal dipinto Autoritratto con il cappello rosso, è invitato a diventare Leonor Fini, in un ambiente che gioca con specchi, fotografie e scritte che ne evocano il carattere rivoluzionario e libero e coinvolgono i visitatori in un atto di esplorazione e riflessione sulla molteplicità dell’io. Il dipinto rappresenta un saluto simbolico dell’artista al pubblico, chiamato a scattarsi una foto e a condividerla suoi propri profili social (utilizzando l’hashtag #iosonoleonorfini), per reinterpretare il messaggio visionario di Leonor Fini, capace di parlare alle nuove generazioni ispirando e stimolando riflessioni profondamente contemporanee.

«È un'emozione, oltre che un orgoglio, poter accogliere a Milano la mano, la creatività, la genialità di Leonor Fini, dedicandole la prima mostra istituzionale in città nelle sale di Palazzo Reale», commenta l'assessore alla Cultura Tommaso Sacchi: «Leonor Fini è stata un’artista straordinaria, poliedrica, capace di sovvertire ogni schema con il suo immaginario potente e visionario. La sua opera, trasversale a generi e discipline, è un manifesto di libertà creativa, una dichiarazione d’indipendenza che oggi risuona più attuale che mai. Questa mostra ne celebra la grandezza e la modernità, offrendo al pubblico l’opportunità di riscoprire una figura che ha attraversato il Novecento con coraggio e anticonformismo, anticipando molte delle istanze che animano il dibattito culturale contemporaneo».

«Io sono Leonor Fini non è solo una retrospettiva, ma un’opportunità unica per immergersi nell’universo di una creativa visionaria, capace di intrecciare arte, moda, letteratura, teatro e cinema in un linguaggio originale e senza confini», aggiunge Simone Todorow di San Giorgio, amministratore delegato di MondoMostre: «grazie al lavoro instancabile dei curatori Tere Arcq e Carlos Martín e alla collaborazione con Palazzo Reale e il Comune di Milano, questa mostra restituisce tutta la modernità e la profondità delle opere di Leonor Fini, offrendo al pubblico un’esperienza straordinaria che ne valorizza la visione, capace di anticipare temi ancora oggi centrali nel dibattito culturale».

Artista enigmatica visionaria, Leonor Fini è riuscita ad affermarsi in un contesto prevalentemente maschile grazie al suo talento e a una personalità unica e mai convenzionale. La sua forza risiede nell’individualismo e nella capacità di creare un linguaggio artistico originale, in cui la donna non è musa, ma protagonista. Precorrendo i tempi, Leonor Fini si è affermata come un’artista all’avanguardia, capace di intrecciare arte, moda, letteratura e spettacolo in un percorso libero da ogni convenzione.

I mondi di Leonor Fini si collocano tra il reale e l'immaginario, in un delicato equilibrio dove simbolismo e visione si intrecciano. Le sue figure femminili, forze primordiali e indomabili, popolano tele dense di mistero, insieme a sfingi, donne-gatto e uomini ambigui. Le sue opere offrono un viaggio nell'inconscio, in cui l’essenza dell’essere prende forma, andando oltre ogni apparenza superficiale. Il lavoro di Fini, ricco di stratificazioni culturali e influenze letterarie, riflette il dialogo con i maestri del passato, come dimostra l’uso di tecniche pittoriche tradizionali per trasmettere messaggi di grande innovazione. Le sue esplorazioni psicoanalitiche, ispirate dalle letture di Freud, si manifestano nelle raffigurazioni del sogno e dell'inconscio. È visibile l’influenza dei grandi maestri del passato, come Piero della Francesca, Michelangelo e i pittori manieristi; da loro Fini assorbì le lezioni sul colore e sulla figura umana, utilizzandole per veicolare messaggi rivoluzionari.

Leonor Fini ha intrecciato rapporti profondi e complessi con molte personalità artistiche dell’epoca. Insieme al pittore Fabrizio Clerici, con cui condivise una vita di amicizia e un immaginario artistico indipendente dai movimenti ufficiali, frequentò i circoli intellettuali di Trieste, Parigi, Roma, Milano e oltre. Con Max Ernst, che la definì la furia italiana, Leonor Fini entrò in contatto con Man Ray, Dora Maar, Salvador Dalì e il Surrealismo. Pur condividendo con questi un'affinità sui temi del subconscio e del sogno, Fini costruì un universo artistico unico, che sfida ogni convenzione, mantenendo una visione autonoma e rivoluzionaria, libera da etichette rigide, inclusa quella del Surrealismo.Tra le sue relazioni più significative, spicca l'amicizia con Leonora Carrington: le due artiste si incontrarono a Parigi, dove nacque un legame profondo di stima e amicizia. Nonostante la differenza di età di circa dieci anni, Carrington vide in Fini una «strana combinazione di grazia felina e potere amazzone». La loro unione - affettiva, emotiva, artistica - rappresenta il segno tangibile di una comunanza di intenti che si nutre dell’incontro tra anime femminili.

Anche in ambito letterario dimostrò una profonda sintonia con alcune delle personalità più influenti del suo tempo. Nonostante i contatti con André Breton, leader del Surrealismo, il rapporto tra i due fu complesso e distante: Fini rifiutò le rigide convenzioni del movimento, preferendo un percorso autonomo che le permettesse di esplorare liberamente la sua visione artistica. Parallelamente, frequentò intellettuali italiani come Alberto Moravia ed Elsa Morante, instaurando con loro rapporti di amicizia e scambio creativo. Con Elsa Morante, in particolare, nacque un’intensa affinità, collocata nel fervido contesto culturale romano degli anni di guerra, arricchendo l’universo creativo di Fini con suggestioni letterarie e filosofiche. Anche la frequentazione di Jean Cocteau, con cui condivise il gusto per l’arte visionaria e il simbolismo, sottolinea l’ampiezza del dialogo intellettuale che caratterizza il percorso artistico di Fini. 

Leonor Fini ha lasciato un segno indelebile anche nel mondo del cinema, dove ha collaborato e intrecciato legami con alcune delle figure più iconiche del panorama cinematografico del XX secolo. La sua amicizia con Anna Magnani era caratterizzata da una profonda affinità, condivisa anche nella passione per i gatti. Con Federico Fellini, Fini collaborò alla realizzazione di costumi per una scena di Otto e mezzo (1963), sebbene non accreditata ufficialmente. Inoltre, il personaggio di Dolores, previsto nella prima stesura della Dolce vita, era ispirato a lei: una scrittrice matura e intellettualmente stimolante, simbolo di guida e riflessione per il protagonista, che Fellini immaginava interpretata da Luise Rainer. Il rapporto intellettuale con Pier Paolo Pasolini fu altrettanto intenso: i due condivisero un viaggio a Parigi, in visita a gallerie e musei, dove Pasolini rimase affascinato dalla capacità di Fini di cogliere l’essenza delle opere d’arte. Tra le loro conversazioni emerse l’idea di un film, poi mai realizzato, incentrato su un’artista che sfidava le convenzioni sociali e artistiche del suo tempo, e che avrebbe visto Fini come consulente artistica. Anche Luchino Visconti riconobbe il talento di Fini, coinvolgendola nella creazione dei costumi per produzioni teatrali e liriche come La Vestale e Il Trovatore. La componente teatrale del suo lavoro non solo sostenne concettualmente la sua ricerca pittorica, nel gioco delle parti tra mascheramento, vestizione e svestizione, ma si concretizzò anche nella collaborazione con decine di produzioni teatrali, operistiche, di balletto e cinematografiche. In mostra ci sono i costumi per Tannhaüser (1963) e gli originali bozzetti per le scenografie del Teatro alla Scala - partner della mostra - a evidenziare una creatività poliedrica, ancora oggi molto influente. 

Le collaborazioni di Leonor Fini con stilisti e figure del mondo della moda dimostrano la sua capacità di influenzare e ispirare attraverso il suo approccio unico e visionario. Al celebre caffè Les Deux Magots di Parigi, Fini incontrò Christian Dior, che le propose di esporre nella Galerie Jacques Bonjean da lui diretta. Fu Dior a presentarle Elsa Schiaparelli, celebre per il suo stile avanguardistico e le sue collaborazioni con artisti surrealisti, con cui strinse un’amicizia proficua e creativa. Schiaparelli la vestì con abiti vistosi, che contribuirono alla sua immagine, mentre Fini disegnò per lei l’iconica boccetta del profumo Shocking, ispirata al busto di Mae West, e che anticipa il celebre design di Jean Paul Gaultier. Yves Saint Laurent, pur non collaborando direttamente con Fini, trovò in lei una fonte di ispirazione per le sue creazioni ribelli ed eleganti. 

La mostra Io sono Leonor Fini è visitabile dal martedì alla domenica nei seguenti orari di apertura: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica, 10.00-19.30; giovedì 10.00-22.30. I biglietti sono in vendita ai seguenti prezzi: intero 15 euro (open 17 euro); ridotto 13 euro per visitatori da 6 a 26 anni, over 65, soci Fai e Touring Club, gruppi; ridotto 10 euro per studenti fino a 25 anni, disabili con invalidità inferiore al 100% e soci Orticola; ingresso gratuito per bambini minori di 6 anni, disabili con invalidità al 100%, un accompagnatore per ogni persona che presenti necessità).

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